Ancora poche ore e l’avventura di appena un anno di Maurizio Sarri al Chelsea terminerà definitivamente. Con l’accordo con la Juventus in mano e la soddisfazione di aver finalmente vissuto la prima esperienza all’estero come sognato da tempo, il tecnico ex Napoli si prepara a rientrare in Italia, chiudendo una parentesi comunque ricca di soddisfazioni al Chelsea. Sarà un addio tutto sommato indolore, perché tra i Blues e l’allenatore campano la scintilla si è accesa in fretta e con la stessa velocità si è spenta, sebbene il bottino di fine stagione sia praticamente vicino al massimo che il Chelsea di quest’anno potesse ottenere.
Nella parte blu di Londra, insomma, viene confermata una volta di più che non c’è spazio per i progetti a lungo termine. Nessun allenatore riesce a stabilirsi per più di qualche stagione, perché in un modo o nell’altro il clima all’interno del Chelsea finisce sempre per surriscaldarsi, fino a diventare ingestibile. Lo aveva sperimentato Conte, passato in pochi mesi da eroe con la vittoria della Premier League a ennesima vittima di uno spogliatoio difficile da gestire, con troppe personalità eccessivamente pesanti nel determinare l’equilibrio generale; così è stato per Sarri.
La dirigenza del Chelsea, in un certo senso, sembra continuare a stare a questo gioco. Conosce l’esistenza di questi improvvisi sbalzi d’umore, ma la voce grossa viene fatta solo con gli allenatori, sistematicamente esonerati o portati alle dimissioni. Poche squadre in Inghilterra soffrono di questi continui cambi d’umore all’interno della rosa e tra le “big”, i Blues sono la squadra che cambia più spesso tecnici in panchina. Lo sanno tutti, ma Abramovich e il resto dei responsabili del club preferiscono soprassedere.
Con una stagione in arrivo che promette di essere particolarmente insidiosa, con il mercato quasi sicuramente bloccato in estate e in inverno, il Chelsea deve fare i conti con la scelta del successore di Sarri. Inutile fare grandi fantasie: pochi allenatori accetterebbero di gestire una squadra senza l’acquisto di qualche uomo di fiducia. E per questo le opzioni sono ridotte. Si parla di un terzo ritorno di Mourinho, che sarebbe anche peggio di una minestra riscaldata, ma anche di un’idea suggestiva: il ritorno di Franck Lampard a Stamford Bridge.
L’ex centrocampista, in effetti, è il candidato numero uno per la panchina. La gavetta fatta al Derby County in questa stagione potrebbe essere servita giusto per porre le basi, provare ad adattarsi al nuovo ruolo e capire se giacca e cravatta non fossero troppo strette. La dirigenza del Chelsea lo vede come opzione ideale, un traghettatore per una stagione intera da testare con una prova complessa. Ma anche un esperimento per mettere davanti allo spogliatoio non un semplice allenatore, ma “uno di loro”.
Un tecnico giovane, con la memoria da calciatore ancora fresca e un conoscitore dei Blues con pochi eguali nella storia. Un giocatore amato alla follia dalla tifoseria londinese, probabilmente disposta ad accettare più facilmente anche eventuali errori nel nuovo ruolo. Insomma, quasi un primus inter pares, scelto per guidare la squadra con le sue idee ma, soprattutto, la sua esperienza da giocatore del Chelsea, da ex membro di quello spogliatoio che per anni ha finito per voltare le pagine a tutti gli allenatori avuti, anno dopo anno. Potrebbe essere proprio lui a mettere fine a questa triste tradizione?