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Playoff di Serie C, il senso ambiguo del dovere

Un’altra stagione di Serie C volge al termine e ci si ripete come un mantra che tutto sia andato bene, che i playoff siano stati combattuti e a tratti spettacolari, che i playout abbiano fornito i giusti verdetti. Ma questa è l’annata peggiore per il calcio italiano e noi abbiamo il dovere di ricordarlo abbandonando la mera cronaca, per i tifosi, per noi stessi e per non apparire complici di un sistema deteriorato e incancrenito. Aule polverose di tribunali, studi legali impegnati a scovare i cavilli di un regolamento vetusto e non al passo con i tempi, fascicoli sbattuti sui tavoli con la veemenza di chi, forse, aveva ragione.

Un campionato iniziato con colpevole ritardo, squadre che hanno dovuto recuperare gare fino a un mese prima del termine, partite di ritorno giocate prima di quelle di andata, e i fallimenti, quelli del Matera e del Pro Piacenza, la “barzelletta” del 25-0 di Cuneo e poi quei 118 punti complessivi di penalizzazioni varie, che si vanno a sommare ai 65 della stagione 2017-2018, ai 26 della stagione 2016-2017, ai 62 di quella prima. Ed è da notare come, in pratica, di anno in anno la situazione sia peggiorata.

Eppure, dobbiamo credere e far credere che si è quasi pronti ad affrontare il finale e la prossima stagione per mantenere quel senso di sicurezza che ci da il calcio e quel polibiano senso di ciclicità che ci offre la storia.

E, finalmente, arrivarono le finali playoff, alle quali meritatamente giungono le squadre migliori: il Piacenza (secondo del Girone A), la Triestina (seconda del Girone B), il Trapani (seconda del Girone C) e Pisa (migliore terza classificata in regular season). Se nel finale di stagione tutti invocavano il “miracolo” Cosenza per sentirsi in pace con se stessi e come se i “miracoli” non fossero eventi unici, a conti fatti possiamo affermare che i playoff “allargati” non servono proprio a nulla, se non, forse, a far sì che alcune gare di fine stagione possano avere una, seppur ridotta, valenza sportiva.

Del resto, il vantaggio delle meglio piazzate in regular season e il doppio risultato a favore appaiono come elementi difficilmente e troppo raramente sormontabili, a meno di una impresa, come quella del Cosenza appunto che ebbe la meglio nei doppi confronti su Trapani, Sambenedettese e Sudtirol. Non vogliamo andare troppo a ritroso, restiamo ancorati alle ultime due stagioni e ammettiamo che, forse, ci sono pochi elementi per parlare di statistica; ma se non fosse stato per l’exploit del Cosenza di Braglia, in finale sarebbero arrivate, comunque ed esclusivamente, le squadre migliori della regular season.

E allora ci chiediamo se tutte queste partite abbiano davvero un senso, se non è il caso di apportare degli accorgimenti che rendano ancora più interessante questa sorta di torneo post season riducendo il numero delle partecipanti e giocando quasi alla “europea” (i gol in trasferta non valgono doppio) così come, invece, avviene per la finale o per le finali di quest’anno che porteranno due club in Serie B. Saranno finali vere e, infine, i playoff avranno un senso perché tra Triestina e Pisa, tra Piacenza e Trapani, nessuno avrà vantaggi a priori ma solo la consapevolezza di essere davvero più forti.