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La Roma a un bivio. Il ciclo è finito e occorre un cambio generazionale e di idee

Non è stata una stagione da incorniciare per la Roma. Non un fallimento totale, sia chiaro, ma poco ci manca. Il sesto posto ottenuto in campionato e la conseguente qualificazione solo per l’Europa “minore” rappresenta una sorta di minimo sindacale. Un qualcosa che non può soddisfare né la società né i tifosi. Perché le aspettative della vigilia erano ben diverse e vedevano i giallorossi accreditati almeno di un posto in Champions. La Roma ha pagato alcune scelte poco fruttuose, come quelle effettuate in sede di campagna acquisti. Ma anche una gestione tutt’altro che perfetta dei momenti chiave della stagione.

A pagare per tutti sono stati Monchi e Di Francesco. Il direttore sportivo spagnolo e l’ex allenatore del Sassuolo hanno indubbiamente molti demeriti, ma non è solo colpa loro se la Roma ha avuto un andamento altalenante. In un’annata deludente le responsabilità si suddividono e devono per questo essere allargate al resto della dirigenza. James Pallotta ha dimostrato di essere troppo distante, sia fisicamente che emotivamente. Negli anni d’oro del Milan degli anno ’90 si diceva che bastasse una visita di Berlusconi per far rendere tutti di più. Pallotta non è “mai sceso dall’elicottero” provando a infondere coraggio e convinzione ai suoi. E anche Franco Baldini, il super consulente del presidente con poteri da amministratore delegato, è finito nel tritacarne della critica. In particolare per la gestione del caso De Rossi, capitano dimenticato e lasciato andare senza troppi convenevoli.

La Roma si trova a un bivio. Dovrà prendere decisioni importanti e farlo in fretta. La sensazione è che il gruppo sia alla fine di un ciclo. Lo dimostrano le sempre più probabili partenze dei big, da Manolas a Džeko, passando per Kolarov e Pellegrini. È il momento del rinnovamento, anche se molto spesso è un processo lento, che non produrrà effetti positivi nell’immediato. La Roma deve guardare al futuro, individuando l’allenatore giusto per costruire un nuovo ciclo. E poi operare le scelte giuste anche in sede di calciomercato, senza sperperare ma agendo in maniera oculata.

Ma lo deve fare con assoluta chiarezza. Perché in questo caso la società deve rinsaldare anche il rapporto con i tifosi, che la reputano quasi unica colpevole delle delusioni di quest’anno. Pochi slogan, molti fatti. Anche a costo di essere impopolari e di volare più bassi del previsto. Perché il tifoso può mugugnare se gli dicono “lottiamo per l’Europa League” e non per la Champions. Ma almeno non potrà dire che la società non è stata chiara. Non questa volta.