Il Giro d’Italia 2019 si è concluso ieri e già stanno fioccando le analisi tecniche, tattiche, psicologiche…e chi più ne ha, più ne metta delle 21 tappe in cui si è frazionata la Corsa Rosa dalla partenza di Bologna all’arrivo dell’Arena di Verona. Una Corsa Rosa che, come tradizione vuole, non è solo un evento sportivo ma anche un’occasione per ripassare la storia, i costumi e la cultura del Paese più bello del mondo. Ed è oggettivo che nella storia, nei costumi e nella cultura rientrano a pieno titolo i detti e i proverbi popolari italiani. Poche parole adatte a descrivere ogni situazione, ogni episodio, ogni protagonista. Anche quelli del Giro d’Italia 2019.
Tra i due litiganti, il terzo gode: Richard Carapaz – Il primo ecuadoriano nella storia a vincere il Giro d’Italia. Alla partenza da Bologna, sulla carta, non era neanche sicuro di essere il capitano della propria formazione, la Movistar. Poi, piano piano, anche aiutato dal successo di Frascati, ha scalato le gerarchie. Poi prima sul Lago Serrù e poi soprattutto a Courmayeur, ha approfittato del litigio sportivo di Nibali e Roglič, si è vestito di Rosa e l’ha portata con autorità e con merito fino alla fine. Complimenti.
Non si può piacere a tutti: Vincenzo Nibali – Sembra incredibile, ma un corridore dal palmarès di Nibali (2 Giri d’Italia, 1 Tour de France, 1 Vuelta per tacere delle classiche) e che si è comunque conquistato il suo sesto podio nella Corsa Rosa, ancora viene criticato. Certo, ha le sue responsabilità nel gioco a rimpiattino con Roglič, ma crocifiggerlo per questo pare troppo.
Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare: Mikel Landa – Nella prima settimana pianeggiante e a cronometro ne becca tanti di secondi, poi quando la strada comincia a impennarsi sotto le ruote delle bici, nulla da fare…per gli altri. Lo spagnolo si dimostra fortissimo quando la strada sale, ma anche lealissimo verso il suo giovane capitano Carapaz. Anche a costo, come è avvenuto, di sacrificare il podio.
Chi ha tempo, non aspetti tempo: Primož Roglič – Lo sloveno domina alla grande le prove a cronometro e si dimostra “re del tempo”. Però, siccome va forte da marzo, era naturale che calasse nella terza settimana. Forse, proprio in virtù di questo, nella prima settimana avrebbe potuto premere un pochino di più sull’acceleratore per guadagnare qualcosa sui rivali.
Chi va piano, va sano e va lontano: Simon Yates – Lo scorso anno dominò per trequarti di Giro d’Italia per poi crollare sul Colle delle Finestre. Memore del copione dello scorso anno, Simon Yates ha corso “con parsimonia” tutte le tappe della Corsa Rosa. Andando piano, sano e lontano…dalle posizioni che contano per la classifica generale.
Non c’è cattivo più cattivo di un buono quando diventa cattivo: Miguel Ángel López – Grande scalatore, corridore gentile, molto paziente. Ma quando un idiota ti fa cadere in maniera gratuita in una frazione dove hai la gamba per vincere, anche il più santo, nella forma più “budspenceriana” del termine, dimostra di saper menare le mani.
Nessuno è profeta in patria: Elia Viviani – Lo scorso anno, nel Giro d’Italia partito da Israele, ha fatto fuoco e fiamme con quattro tappe e la maglia ciclamino della classifica a punti. Quest’anno, in una Corsa Rosa completamente italiana e con indosso la maglia tricolore di Campione d’Italia nemmeno un successo (o meglio, uno ottenuto ad Orbetello ma tolto e affidato a Gaviria causa scorrettezza allo sprint). Proprio vero che pochi riescono a primeggiare nella propria patria.