Estero

La tredicesima del Basilea non luccica: il Thun poteva osare di più

Dal nostro inviato a Berna (CH)

Il Basilea ha fatto 13, come abbiamo scritto al termine della sfida dello Stade de Suisse. Ma non è stata una vittoria schiacciante, come magari qualcuno aveva pronosticato alla vigilia. Il Thun ha saputo imbrigliare la corazzata renana, che è apparsa superiore, ma abbordabile. Purtroppo per i bernesi, però, è mancato qualcosa davanti, per poter fare male, oltre che contenere gli avversari. Cosa, questa, che hanno fatto piuttosto bene, pur venendo puniti, nella prima frazione, a causa, anche, di un intervento non del tutto perfetto del portiere Faivre.

I bernesi, forse, potevano fare qualcosa di più. I ragazzi di Schneider hanno sofferto moltissimo sulla loro fascia sinistra dove, nel primo tempo, sono venuti i pericoli più grandi. L’azione del gol del vantaggio rossoblù, infatti, è nata da lì: ma le avvisaglie c’erano già state. Il tecnico dei biancorossi non ha saputo trovare delle soluzioni: ha perso Karlen al 26′ per infortunio, ma non ha trovato il coniglio nel cilindro che potesse cambiare l’inerzia della partita, soprattutto dopo essere andato in svantaggio.

In un incontro con un solo risultato disponibile, sarebbe servito infatti qualcosa di più davanti. Il Basilea è apparso infatti di un livello inferiore rispetto ad altre occasioni. Però, per superarlo, serviva un cambio di passo, che c’è stato solo alla fine. È vero che, in questo modo, giocando alti, i bernesi si sono esposti alle ripartenze avversarie: però è accaduto alla fine, a schemi saltati, e con le squadre sfilacciate.

Negli ultimi minuti, dopo la rete di Sorgić, gli uomini di Schneider hanno infatti buttato in campo tutto ciò che avevano, mettendo alle corde i rossoblù, costretti a buttare via i palloni. Forse sarebbe valsa la pena di provarci prima: ma, evidentemente, come già detto, mancava qualcosa. Il primo cambio tattico, il tecnico dei bernesi l’ha fatta solo al 78′ togliendo Tosetti che, tutto sommato, era tra i pochi in grado di creare qualche situazione pericolosa, pur non avendo giocato in questa occasione la sua miglior partita, per via di un problema fisico non del tutto risolto. E, forse, è stato questo il motivo della sostituzione del forte centrocampista ticinese.

Intendiamoci: la panchina del Thun non è certamente quella dei rivali. Però la sensazione, dalla tribuna, è stata quella che l’allenatore non avesse delle soluzioni alternative. Nel momento in cui sono mancati i colpi dei giocatori d’attacco, incapaci a questo giro di creare pericoli sulle palle ferme (una delle specialità della casa), non ci sono state altre idee che potessero ribaltare la partita a favore della squadra biancorossa.

A fine partita, Matteo Tosetti, uomo di punta dei bernesi, sentito dalla RSI, era sconsolato: “È una delusione più profonda rispetto a quella patita con il Lugano 3 stagioni fa. Ai tempi ero più giovane, oggi qua sono uno dei senatori di questo gruppo. Il Basilea non era irresistibile, anche se ha prevalso, e la sensazione di aver perso una grandissima occasione è molto, molto forte.

“Cosa abbiamo sbagliato? Sinceramente non lo so. Forse abbiamo avuto troppo timore per una squadra che non doveva farci così paura. Abbiamo avuto il pallino del gioco, anche nella prima frazione. Poi abbiamo subito un gol evitabilissimo: e, quest’anno, non è la prima volta. La sensazione è brutta. Siamo alla fine di una stagione che è stata davvero buona, e dovremo cercare adesso di guadagnarci l’accesso all’Europa League attraverso il campionato, anche se tutto, ora, si complica parecchio.”

Il Basilea non ha fatto una grande partita, come scrivevamo sopra: questo anche per merito degli avversari, che hanno chiuso gli spazi abbastanza bene. Tuttavia, i renani hanno saputo sfruttare la falla della retroguardia avversaria, sulla fascia sinistra, capitalizzando l’unica vera palla gol della prima frazione. Dietro, si è rivelata indovinata la mossa di mettere Xhaka sulle tracce di Spielmann, inaridendo una delle fonti di gioco della squadra del Berner Oberland.

Nella ripresa, i rossoblù hanno provato a chiudere la partita nei primi minuti, e hanno messo alle corde gli avversari che, a un certo punto, non sono più riusciti a ripartire. Lì si è capito che il gol era maturo: ed è arrivato al momento giusto. A quel punto, però, i renani si sono deconcentrati, e i bernesi, che hanno trovato la rete della speranza, hanno seriamente rischiato di fare un brutto scherzo agli avversari, regalando al pubblico le uniche fasi avvincenti della finale.

Il Basilea, però, ha dimostrato di avere qualcosa in più. Fisicamente, gli uomini di Koller hanno saputo tenere in mano il pallino del gioco e, nel finale, hanno avuto la malizia della grande squadra, quando c’è stato da lottare con la sciabola per difendere il risultato. Alla fine, sono queste le cose che fanno la differenza, in una partita secca.

In definitiva, i vincitori non hanno certo rubato nulla. Però, ci sta la delusione di Tosetti Il quale, per la seconda volta in carriera, si è dovuto accontentare della medaglia d’argento. C’era anche il vantaggio, per i bernesi, di giocare sul campo sintetico, simile a quello di casa. Però, come scritto sopra, nel momento della verità, sono mancate gambe e idee per raggiungere il grande risultato. E le parole amare del ticinese, a fine partita, dovranno spronare i compagni negli ultimi 180′ del campionato.

I bernesi, infatti, da lepri sono diventati cacciatori. E Lugano, Zurigo e Lucerna sono determinatissime a crederci fino in fondo, soprattutto adesso che la terza piazza vale l’accesso diretto alla fase a gironi di Europa League. Il rischio di perdere il treno europeo, che sembrava a portata di mano poche settimane fa, è quindi concreto.

Infine, una riflessione. Questa, per la nostra testata, era la quinta finale di Coppa svizzera. L’abbiamo sempre vissuta come una bellissima festa: stadi esauriti o quasi, coreografie, cori. Ieri, per la prima volta, tanti spazi vuoti: 20.000 persone allo Stade de Suisse sono davvero poche. È vero: il Thun non ha un grande seguito. Però, forse, ci si deve interrogare su cosa sia successo. Non ci sono stati scontri dentro o fuori lo stadio, anche se il servizio d’ordine ha mostrato qualche falla. L’invasione di campo dei ragazzini subito dopo il fischio d’inizio, per pubblicizzare lo sciopero contro i cambiamenti climatici del 24 maggio, è stata inoffensiva: però, la reattività di chi avrebbe dovuto vigilare non è stata immediata.

C’è stato chi ha scritto (il Corriere del Ticino) che molta della responsabilità è da ascriversi agli ultimi episodi di teppismo, che potrebbero aver allontanato un po’ il pubblico dalla manifestazione. Condividiamo che si tratti di una delle cause di disaffezione verso lo spettacolo sportivo dal vivo: di sicuro, è in atto una riflessione in tal senso. In un Paese dove si viene giudicati penalmente per comportamenti magari altrove puniti mediante il semplice pagamento di una sanzione pecuniaria (le infrazioni stradali, per esempio), il fatto che lo stadio si sia rivelato un luogo franco dove commettere intimidazioni (e non solo), sotto le telecamere, ha colpito non poco l’opinione pubblica.

Certo, gli ultras del GCZ responsabili delle scorrerie qua e là per gli stadi della Confederazione negli ultimi mesi sono stati, in parte, identificati ed espulsi per un lungo periodo di tempo dagli impianti sportivi (e non solo: alcuni di loro dovranno rispondere dei loro comportamenti davanti ai magistrati). Però, da parte del nuovo presidente dell’ASF, servirà un lavoro di coordinamento tra il mondo del calcio professionistico e le Autorità. Sotto l’aspetto sportivo, la formula della Coppa è sempre stata un suo punto di forza, e pensiamo che tale debba rimanere.

Ieri, parlando un po’ con alcune persone, in treno e sui mezzi pubblici, è emerso per esempio che i prezzi dei biglietti sono stati giudicati un po’ troppo elevati (e, infatti, erano proprio i settori più cari a essere stati disertati dai tifosi). Forse bisognerebbe lavorare su questa leva. Il calcio, ormai, è un prodotto televisivo: ma l’ambiente per scaldare gli animi a casa va creato sul posto. C’erano, nonostante tutto, tante famiglie, ieri, a Berna. Abbiamo visto campioni del passato viaggiare in treno, accompagnando tifosi meno fortunati allo stadio: una scena impensabile, da noi. Ecco, forse la chiave sta proprio nel riavvicinare le famiglie al calcio, anche (e soprattutto) con una politica di prezzi accessibile o che, magari, possa invogliare le famiglie (cosa fatta a livello di società, come abbiamo visto a Lucerna e altrove) anche in queste occasioni. E garantendo loro la sicurezza. Secondo noi, sarà questa la grande sfida per il nuovo presidente dell’ASF Dominique Blanc, uomo che è espressione del calcio minore (viene infatti dalla Lega Amatori, dove è stato eletto nel maggio 2015 quale Presidente) e che, quindi, potrebbe essere più sensibile di altri a questi temi.