Con Salah e Firmino assenti, Klopp non aveva scelta: uno tra Sturridge e Origi doveva per forza giocare. Rinunciare a un attaccante, mettendo Wijnaldum in una posizione ibrida tra attacco e centrocampo come all’andata al Camp Nou, era ancora possibile, ma due in un colpo solo, lasciando Mané a guidare le offensive in solitaria, era impensabile. Men che meno nella gara più delicata della stagione europea, in cui serviva un’impresa da sogno. Quella che poi, alla fine, si è realizzata per davvero.
Alla fine, Klopp ha deciso di puntare su Origi. Un po’ perché Sturridge è ormai da tempo alla fine del suo percorso al Liverpool, con i continui infortuni che ne hanno cancellato lentamente il talento cristallino; un po’ perché il belga aveva il piede caldo e dargli una fiducia simile, dopo aver salvato la squadra venerdì sera a Newcastle con il gol del decisivo 3-2 all’86’, era un giusto premio. Una scelta che rischiava di diventare una scommessa sbagliata, forse persino una bocciatura definitiva per un ragazzo che sta faticando a mostrare grandi segnali di crescita.
Tutte queste pressioni, Origi sembrava averle sentite addosso sin da subito e, durante la telecronaca, chi era a bordo campo ha rivelato tutta la tensione del ragazzo classe ’95, dimostratosi il più impreciso nella fase di riscaldamento e per questo rincuorato dai compagni. Ma dal fischio dell’arbitro, è cominciata una partita che ha raccontato una storia ben diversa, con il belga diventato improvvisamente uno degli eroi della magica notte di Anfield.
Origi è diventato il classico “eroe per sbaglio”, quello che proprio non ti aspetti di vedere tra i protagonisti a fine serata con un 8 o un 9 in pagella. Con un inizio nemmeno semplice, tra l’altro, visto quel tiro sbucciato dopo pochi minuti che sembrava far presagire una notte molto complicata. Ma poi, è cominciata la magia: il belga non ha soltanto siglato due gol da attaccante puro, opportunista, capace di farsi trovare pronto in entrambe le situazioni per punire la disastrosa difesa del Barcellona. Ha dato battaglia, dando maggiore fisicità all’attacco dei Reds e costringendo così Lenglet e Pique a dover tenere sott’occhio in maniera fissa un uomo diventato una costante presenza fisica nella loro trequarti.
Ma Origi, in realtà, non è affatto nuovo a questo ruolo di protagonista a sorpresa. Soprattutto in questa stagione, in cui il belga si è preso le prime pagine in altre occasioni per essere diventato il simbolo della vittoria in campionato in due gare che, con il senno di poi, hanno pesato sulle sorti della Premier League. Prima la rete nel derby contro l’Everton, con quel gol al limite del paradossale siglato al 96′ (guardare per credere), quando ormai la gara sembrava finita e destinata a un amaro 0-0; poi, appunto, il 3-2 in casa del Newcastle di venerdì scorso che ha garantito ai Reds il vantaggio definitivo e una vittoria fondamentale. Questi due gol del belga (non gli unici, visto aveva segnato anche contro il Wolverhampton in FA Cup e con il Watford in Premier League, ndr) hanno fatto guadagnare 4 punti che contano eccome in campionato e che permettono ancora oggi ai ragazzi di Klopp di essere ancora in corsa per il titolo a una giornata dalla fine nonostante l’ennesima stagione devastante del Manchester City.
Stavolta, Origi è stato decisivo partendo dal 1′, facendo capire a Klopp di poter avere ancora un futuro ad Anfield. Non più come semplice carta da giocare nelle gare di coppa o come riserva degli ultimi minuti. Il tecnico tedesco ha potenzialmente in mano la punta di peso e fisica che ai Reds manca da tempo: un riferimento offensivo per le gare in cui serve sfondare, ma anche un’arma dalla panchina che può spaccare in due la gara. Dopo tanta gavetta, compresi i prestiti a Lille e Wolfsburg per provare a crescere, ora potrebbe essere arrivato il momento di avere la propria occasione. In punta di piedi e in pieno rispetto di quel trio fantastico e intoccabile composto da Salah-Firmino-Mané, ma con la consapevolezza di poter avere eccome un ruolo di primo piano nel progetto del Liverpool.