Home » Sterling, il simbolo di quell’Inghilterra che non si arrende al razzismo

Sterling, il simbolo di quell’Inghilterra che non si arrende al razzismo

CosminIftode / Shutterstock.com

Per la prima volta in carriera, Raheem Sterling ha visto comparire il proprio nome nella formazione ideale della Premier League 2018/2019. La PFA ha voluto premiare l’esterno, in un tridente da sogno con il compagno Agüero e Mané, ormai agli sgoccioli di una stagione che ha segnato una svolta nella sua crescita. Da potenziale stella incompiuta, per diverse stagioni non sempre continuo, Guardiola l’ha trasformato in un attaccante devastante, capace di fornire assist ai compagni e segnare come i migliori centravanti d’Europa.

Ma, probabilmente, la grande sfida che l’inglese classe ’94 si è ritrovato a dover affrontare in questi mesi non ha riguardato il campo e le sue prestazioni. Ha riguardato un mostro che si è ormai addentrato negli stadi di tutta Europa, portando alla luce un odio che sembrava scomparso e che ora, invece, si sta presentando ogni week-end con drammatica cadenza: il razzismo. E proprio il coraggio mostrato da Sterling nello sfidare questa ombra sul calcio non è passato inosservato, tanto da essere stato premiato anche ieri sera ai BT Sport Industry Awards proprio per la sua battaglia pubblica contro questo odio senza senso di presunti tifosi.

In Inghilterra, il problema del razzismo si sta presentando in forme non meno drammatiche e continue nel tempo rispetto all’Italia. Anche in quel mondo spettacolare seguito da tutto il mondo e che noi per primi ammiriamo per la bellezza del gioco e la passione che è la Premier League, il calcio viene infangato quasi ogni week-end con cori e insulti razzisti. I giocatori di colore che ne hanno subiti sono stati già tanti. Qualcuno ha fatto capire di soffrirne profondamente, come affermato dal terzino del Tottenham Rose qualche mese fa. Altri hanno deciso di mettersi in prima linea per affrontarlo a viso aperto. E Sterling, da qualche mese a questa parte, si è posto al vertice di questo movimento che ha deciso di non arrendersi al razzismo.

La battaglia di Sterling è cominciata qualche mese fa quando, dopo alcuni cori razzisti subiti nella sconfitta contro il Chelsea a Stamford Bridge, aveva deciso di dire la sua su Instagram. Non un “semplice” attacco ai tifosi, ma una riflessione più profonda del problema, individuando una delle cause del problema nei racconti diversificati fatti dai media a seconda del colore della pelle di un giocatore. L’ex Liverpool aveva attaccato il Daily Mail, che aveva raccontato la stessa notizia (l’acquisto di una casa) dando un’accezione positiva nel caso di Foden e negativa in quello di Adarabioyo, ma era evidente che il discorso doveva toccare un po’ tutti. Giornalisti e tifosi insieme.

Da quel momento, Sterling si è preso a cuore la causa, cercando di lanciare a compagni e giovani atleti un messaggio di speranza e di coraggio. Due sentimenti che aveva provato a infondere anche a un giovane tifoso del Manchester City, a cui aveva scritto una lettera dopo aver saputo di una discriminazione razziale subita. E la sfida dell’esterno offensivo non si è fermata nemmeno davanti ai nuovi cori razzisti, soprattutto in Montenegro quando lui, Rose e Hudson-Odoi furono presi di mira dal pubblico di casa.

E così, dopo essere stato premiato come uomo sportivo dell’anno ai British Ethnic Diversity Sports Awards, Sterling ha fatto pubblicare sul Times un vero e proprio manifesto contro il razzismo, firmato da tanti sportivi ed ex atleti: “Sembra da pazzi che nel 2019 ci sia ancora bisogno di scrivere un editoriale su un giornale per chiedere dei cambiamenti radicali per uno sport che amo. Ma lo faccio perché il problema del razzismo nel calcio è grave, profondo e ancora lontanto dall’essere risolto.”

Il ragazzo si è augurato che la presenza di sempre più persone cosiddette BAME (nere, asiatiche e minoranze etniche) nelle posizioni di vertice di club e organi di governo possa portare a pene più adeguate contro il razzismo (compresi punti di penalizzazione e numerose giornate a porte chiuse), a cui far accompagnare un importante sforzo educativo nelle scuole ed economico nel cercare sponsor per finanziare questi programmi. Ed è anche per queste idee, per questa forte presa di posizione che vien da dire che Sterling si è assicurato il premio più importante della sua stagione fuori dal terreno di gioco.