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Milan, in questo periodo a mancare è la qualità

Il pareggio maturato ieri sera contro l’Udinese a San Siro ha gettato nello sconforto la squadra rossonera che, dopo 5 vittorie consecutive, è incappata in 3 risultati negativi consecutivi (sconfitte con Inter e Samp e pareggio, appunto, contro i bianconeri). In casa Milan si respira quel misto di ansia e delusione dovuto a una frenata brusca e fragorosa; la squadra di Gattuso si presenta nel peggiore dei modi ad affrontare le due partite più complicate da qui a fine campionato, che arriveranno una dietro l’altra: sabato i rossoneri scenderanno in campo a Torino contro la Juventus mentre nel turno successivo ospiteranno la Lazio al Meazza. Il rischio di chiudere questo ciclo di 5 gare con un solo punto guadagnato è grande e, se così dovesse essere, i sogni Champions del diavolo sarebbero compromessi.

Ma cos’è successo al Milan per passare così repentinamente dall’essere la squadra più in forma del campionato all’essere una delle più in difficoltà? Innanzitutto, è meglio chiarire una cosa: il crollo del Milan è stato improvviso solo nei risultati, mentre nelle prestazioni le avvisaglie c’erano già da tempo. Le vittorie hanno mascherato le difficoltà del Milan in più di un’occasione: contro il Sassuolo e il Chievo i rossoneri avevano giocato oggettivamente molto male, così come nel primo tempo con l’Empoli e con l’Atalanta (la vittoria di Bergamo è stata celebrata come un trionfo ma, a ben vedere, gli uomini di Gattuso erano stati messi clamorosamente sotto nella prima frazione di gioco). Anche in semifinale di Coppa Italia contro la Lazio il Milan era stato troppo brutto per essere vero, di conseguenza possiamo affermare con tranquillità che il periodo negativo si protrae già da diverse settimane.

Il motivo principale di questa caduta libera va ricercato nella scarsa qualità che i rossoneri riescono a mettere in campo: la manovra è compassata e prevedibile, un giropalla stucchevole e scolastico, una fitta ragnatela di passaggi lenti e spesso imprecisi effettuati principalmente in orizzontale o all’indietro. Un possesso palla che nasce e muore, nella maggior parte dei casi, nella metacampo difensiva: gli avversari effettuano un pressing alto e intenso, inducendo quasi sempre i ragazzi di Gattuso all’errore, dovuto molto spesso da piedi non troppo educati. In questo momento l’unico calciatore in grado di sprigionare qualità con le sue giocate è Paquetá, l’ultimo arrivato. Il brasiliano ora come ora è l’unico ad avere il piede delicato, visione di gioco e personalità, è l’unico a provare la giocata e a rifiutarsi di fare il compitino come tutti i suoi compagni. Il Milan si accende quando lui riesce a creare superiorità con l’uno contro uno o quando verticalizza vedendo corridoi invisibili per i suoi compagni. Paquetá rischia la giocata anche in zone di campo pericolose perché ha fiducia nei propri mezzi e perché sa che se non ci prova lui la manovra va a morire inesorabilmente.

Certamente non ci si può aspettare che gente come Kessié o Bakayoko inizino a fare i giocolieri, ma da altri elementi sarebbe lecito aspettarsi di più: l’uomo che sta mancando maggiormente è senz’altro Suso, un fantasma che trotterella nel suo risicato quadrato di campo senza colpo ferire già da diversi mesi; un’altra assenza pesantissima e che viene poche volte ricordata è quella di Bonaventura, elemento duttile e qualitativamente eccelso che, in questo momento, farebbe più che comodo. Discorso diverso per Çalhanoğlu: le tanto decantate capacità balistiche del turco non si sono praticamente mai viste in questi due anni, nei quali si è messo in evidenza più per i corner sprecati (ormai il cross con la palla che non si alza sopra il metro è una triste abitudine) che per le giocate decisive. Anche Castillejo sta assumendo le sembianze di un pacco da rispedire al più presto al mittente: come Çalhanoğlu, anche lo spagnolo proferisce il massimo impegno nel rettangolo di gioco, non riuscendo però a essere graffiante nei pressi dell’area avversaria (e per un attaccante esterno non è il migliore dei biglietti da visita).

Infine, gli attaccanti: a loro si può imputare davvero poco. Piątek è andato in gol praticamente ogni qualvolta è stato servito adeguatamente mentre Cutrone, in questo 2019, ha fatto ingiustamente la muffa in panchina. Non sono due attaccanti di manovra ma due opportunisti, quindi inutile chiedere a loro più di quel che meglio sanno fare, i gol. Eppure contro l’Udinese Piątek ha servito un assist a Cutrone e viceversa, di conseguenza anche in fase di rifinitura hanno operato meglio dei loro colleghi “specialisti” del settore.

L’infortunio di Paquetá getta la squadra in una situazione ancor più allarmante e le soluzioni per uscire da questa crisi sono davvero difficili da trovare. Sicuramente il Milan dovrà ritrovare al più presto la compattezza difensiva (dopo un periodo in cui pareva quasi imperforabile, la retroguardia rossonera ha incassato 6 reti nelle ultime 4 gare) ma la vera svolta la dovranno dare i giocatori offensivi. Rinunciare alle due punte per l’infortunio di Paquetá sarebbe insensato, quindi uno dei pochi jolly che Gattuso può provare a pescare è un Suso in versione trequartista. In molti sostengono che il numero 8 si perda completamente appena non ha il riferimento della riga laterale ma anche per lui è arrivato il momento di svoltare: se vuole passare dall’essere un buon giocatore a un campione deve farlo da trequartista/seconda punta, perché pascolare largo a destra per provare a fare sempre lo stesso tipo di cross (senza mai effettuare un taglio o un inserimento senza palla) è limitante per lui e per la squadra e non è il lavoro che viene richiesto a un’ala. Senza Paquetá e Bonaventura la fantasia, in casa rossonera, alberga solo in Suso: esci dal letargo, Jesús Joaquín Fernández Sáenz de la Torre, la primavera è già iniziata.