Solskjær e una conferma meritata. Ma ora comincia tutto un altro lavoro
Non ci si attendevano clamorosi colpi di scena in casa Manchester United e alla fine la dirigenza ha deciso di premiare Ole Gunnar Solskjær per quanto fatto, confermandolo come allenatore per i prossimi tre anni. È stato questo il giusto riconoscimento di quanto visto dentro e fuori dal campo, di quel clima di serenità tornato a regnare in uno spogliatoio per troppi mesi privo di entusiasmo, riuscendo così a resistere alle sirene di una caccia a un “big” da piazzare in panchina.
I numeri, d’altra parte, sono tutti con il norvegese. Dal suo arrivo a metà dicembre, i Red Devils hanno conquistato 10 vittorie, 2 pareggi e una sola sconfitta in campionato, per un totale di 32 punti, meglio addirittura delle due contendenti al titolo Liverpool (31) e Manchester City (30). La squadra che sembrava ormai troppo distante dalla lotta Champions con Mourinho ora ha addirittura la possibilità di puntare al terzo posto e nella lotta per volare nell’Europa lo United è la squadra decisamente più lanciata. Per non dimenticare, ovviamente, l’impresa compiuta in Champions League contro il PSG, grazie a una rimonta da sogno al ritorno che ora ha regalato ai Red Devils una super sfida contro il Barcellona.
Solskjær non è tornato a Old Trafford da sprovveduto, così come la scelta di puntare su di lui non è stata una semplice scommessa per mettere in panchina una ex leggenda a cui la tifoseria è sempre stata legata. Per il norvegese, la chiamata più importante della sua carriera da allenatore è arrivata dopo diversi anni di gavetta: alle sue spalle, ci sono l’esperienza con gli Under 23 dei Red Devils, i 5 anni complessivi in patria a vincere con il Molde e anche la breve parentesi al Cardiff, una sfida probabilmente troppo prematura per un tecnico ancora in fase di sviluppo. L’ex attaccante ha studiato tanto, sotto la guida di un maestro come Sir Alex Ferguson, non casualmente una delle prime persone contattate prima di tornare a Old Trafford. E qualcuno già sogna che il regno di Solskjaer sia altrettanto lungo.
Ora, però, comincia tutto un altro lavoro. Quasi un mondo diverso. Limitarsi a svolgere il ruolo di traghettatore, con l’obiettivo di far scattare una nuova scintilla in una squadra composta da elementi già molto forti e puntare sull’entusiasmo, è una cosa. Allenare, facendo delicate scelte tattiche e sul mercato, è un’altra. La storia ha regalato storie di prestigio, come quelle di Zidane, ma anche tanti fallimenti, soprattutto in Inghilterra: Monk con lo Swansea, Shakespeare con il Leicester City, ma soprattutto Di Matteo con il Chelsea, passato in pochi mesi dalla storica conquista della Champions League all’esonero.
Solskjær si ritroverà così una sfida ben più complicata di quella affrontata finora, un vero e proprio test per capire la sua maturità. Ma per il momento, giustamente, né il norvegese né il Manchester United vogliono pensarci. Perché la stagione è ancora tutta da vivere e i Red Devils possono regalarsi un finale da sogno. E questa iniezione di fiducia arrivata dalla dirigenza conferma una volta di più che la strada intrapresa è quella giusta.