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Fine dell’agonia

Nello sport, come nella vita, niente è infinito, per fortuna (o per sfortuna). Ogni cosa segue un ciclo, tocca l’apice del proprio splendore e da lì comincia a bruciare, fino a tornare polvere da cui rinascerà altro. Ed è così che la luce splendente della squadra più forte degli ultimi anni, il grandioso Real Madrid dei campioni e delle tante coppe, ha smesso di brillare ieri sera, spenta da dalla luce giovane e luminosa dell’Ajax. I fischi del Bernabéu al termine di un 4-1 senza appelli hanno accompagnato il calare del sipario che ha chiuso uno spettacolo fin troppo brutto e irriconoscente per una squadra che ci ha regalato ben altre emozioni in questi anni.

Sulla scia delle ultime prestazioni, le merengues hanno dimostrato una volta di più gli enormi limiti emersi via via in questa stagione che ormai non ha quasi più nulla da raccontare. La freschezza del talento degli olandesi ha messo anche fin troppo in imbarazzo un Real lento, mai affamato, senza leader in campo e quasi più con la testa a vicende extra calcistiche che in campo. Storie come quelle di un campione come Bale, in rottura con società e tifosi ed entrato pure tra i fischi al posto dell’infortunato Lucas Vázquez, o di un fenomeno come Isco lasciato addirittura in tribuna. A Madrid un po’ tutti sentivano da tempo questo fallimento nell’aria e il 2-1 rifilato all’andata ad Amsterdam con una prestazione relativamente migliore non era riuscito ad allontanare le insicurezze, soltanto mascherate dalla supponenza di chi, come Sergio Ramos, era così convinto di essere già qualificato da permettersi il lusso di perdere di proposito una gara: quelle che alla fine hanno divorato in poche settimane i sogni di gloria di Solari e i suoi giocatori.

L’addio a tutti gli obiettivi stagionali agli inizi di marzo diventa l’esito inevitabile di una stagione fatta di scommesse perse, una dietro l’altra. Da quella di pensare di poter fare a meno persino di due tra i principali artefici dei successi degli ultimi anni come CR7 e Zidane senza trovare sostituti all’altezza a quella di affidare la squadra a un nuovo traghettatore come Solari, pensando di poter trovare un nuovo fenomeno in panchina tra le proprie mura. Ma i tempi sono ormai cambiati e rispetto a qualche anno fa fa, quando cominciò il ciclo vincente prima sotto la guida di Ancelotti e poi di Zidane, i campioni sono passati, senza che ci fosse un sufficiente ricambio nella squadra. I Blancos si sono così ritrovati senza poter più contare sui propri giocatori migliori e senza sostituti pronti a dare il via a un nuovo ciclo.

Fa effetto oggi vedere il centrocampo Blancos, con campioni come Modrić, Kroos e Casemiro, correre a una velocità rallentata, senza la visione nelle giocate e nei passaggi avuta fino a qualche mese fa. Così come lascia grande amarezza vedere un attacco spuntato, evidentemente penalizzato dall’addio di Cristiano Ronaldo in estate. E un dato sottolinea una volta di più l’importanza vitale del portoghese dentro e fuori dal campo, con il suo talento e carattere da campione mondiale: dal suo arrivo nel 2010, il Real Madrid è arrivato almeno in semifinale tutti gli anni, tranne proprio nel 2010. Vero, dietro ai successi di queste stagioni c’è la costruzione di una rosa fenomenale, a cui sono serviti anni e tanti grandi allenatori per essere costruita. Ma il simbolo di questa generazione destinata a entrare nella storia resterà sempre e comunque CR7.

Il pesante ko di ieri sera mette così fine a un’agonia durata fin troppo tempo in quest’annata. È la fine di un ciclo, l’avviso che in estate bisognerà ricostruire quasi da zero. Serve salvare almeno la qualificazione in Champions League in campionato, poi si ripartirà, con l’obiettivo di riportare in vita per l’ennesima volta “le notti del grande Real”.