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L’incubo economico continua a far paura: quanti fallimenti negli ultimi quindici anni

Fallimento: parola che mette paura solo a leggerla e nella vita parlare di fallimento può avere molte sfaccettature; a livello calcistico fallire significa ripartire da zero, scomparire dal calcio che conta per risanarsi dai dilettanti.

Negli ultimi quindici anni sono fallite ben 155 società professionistiche, dalla Serie A alla Lega Pro, da nord a sud senza esclusioni di alcun tipo. La drammaticità del fatto è incredibile e lascia nello sconforto milioni di tifosi che da un giorno all’altra vedono la loro squadra cadere nel baratro e chissà fra quanti anni potranno rivederla nei palcoscenici migliori.

Nel 2003 fu la Fiorentina la prima grande a decadere e ci vollero oltre sei anni prima di rivederla in Serie A, oltre al Lecce che da quella stagione non rimise più piede nella massima serie e solo in questo campionato ha raggiunto la Serie B.

Parma e Napoli sono le altre due compagini che con un fallimento alle spalle sono riuscite a tornare nell’élite del calcio italiano con i ducali protagonisti di una scalata record di soli tre anni. Venezia, Salernitana, Perugia, Pisa e Siena sono altre piazze importanti che hanno vissuto sulla propria pelle la cancellazione della squadra e la ripartenza dai dilettanti.

Il record negativo è del Gela che è fallito ben tre volte (2005, 2007 e 2012), mentre sono tredici le squadre che sono state recidive per due volte come Mantova e Messina. Se a sud le squadre coinvolte sembrano essere più tante rispetto al nord, i conti non sono comunque positivi nemmeno nel settentrione visto i crack finanziari soprattutto di Pordenone, Varese e Monza.

L’ultimo caso in ordine cronologico è del Pro Piacenza, sceso in campo con soli sette giovani per evitare l’esclusione dal campionato e incappato in un eloquente 20-0 contro il Cuneo. In questa stagione anche città del calibro di Bari, Cesena e Avellino hanno avuto la delusione del fallimento.

I rimedi per evitare questo cancro possono essere molteplici e Gravina avrà un compito importante per far sì che non si ripetano più casi scottanti: fallimenti a metà stagione, campionati falsati da punti assegnati a tavolino e polemiche infinite sui ripescaggi.

Una soluzione potrebbe essere diminuire il numero delle squadre professionistiche passando dalle attuali 102 a 80 con Serie A, Serie B, Lega Pro 1 e Lega Pro 2. Non ci sarebbero più i tre gironi nord, centro e sud, ma un altro campionato che farebbe da tramite tra il professionismo e il dilettantismo perché attualmente la differenza è troppo elevata.

Il mondo del calcio ha bisogno della passione dei propri tifosi e l’incubo del fallimento non fa altro che allontanare la sana e pura voglia di competere a cospetto del lato economico che purtroppo nel corso degli anni è sempre più invadente: il pallone rotola, ma ciò che conta sono le casse delle società.