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La moderna battaglia dei sessi nel tennis

La battaglia dei sessi è un termine molto noto nel mondo del tennis. Dagli anni settanta ha identificato quelle sfide che videro un uomo affrontare una donna sul campo; nella storia di questi incontri i tennisti hanno avuto la meglio sulle colleghe, anche se nel settembre del 1973 Billie Jean King riuscì nell’impresa di sconfiggere in tre set Bobby Riggs: evento celebrato in un film uscito nel 2017 e diretto da Jonathan Dayton e Valerie Faris. Lo scopo principale di questi incontri era di dare risalto al movimento del tennis femminile, che soprattutto negli anni settanta veniva bistrattato e ridicolizzato in termini economici rispetto a quello maschile. Fu proprio la King tra le fautrici della nascita nel 1973 della WTA, l’associazione che gestisce le giocatrici professioniste e i principali tornei, in pratica la sorella della ATP.

Nel 1992 fu la cecoslovacca Martina Navratilova a cimentarsi in una battaglia dei sessi contro lo statunitense Jimmy Connors (Match perso in due set 7-5, 6-2). A più di vent’anni di distanza la Navratilova, celebre per aver fatto anche coming out sulla sua sessualità, è salita al centro delle cronache per essersi opposta all’idea di far partecipare atlete trangender a gare in rosa. Non usa mezzi termini la Navratilova, definendo tale pratica un imbroglio in termini biologici. “Sono felice di rivolgermi a una donna transgender in qualsiasi forma preferisca, ma non sarei felice di competere contro di lei”; facciamo bene attenzione, quella della Navratilova non può essere considerata una discriminazione sessuale come molti pensano, bensì è un’affermazione fondata sul timore di falsare le gare permettendo ad alcune atlete di avere un vantaggio che le altre difficilmente potranno colmare; un discorso analogo ci fu ai tempi di Oscar Pistorius, quando la sua volontà di gareggiare contro atleti normodotati si scontrò con i dubbi di chi considerava le sue protesi un vantaggio. C’è poi un problema fondamentale. L’ex campionessa ha alzato una questione che per certi versioni è molto importante perché potrebbe segnare il futuro di molti sport al femminile; questioni da dibattere con appurati dati scientifici; c’è il rischio che qualcuno possa divergere tali affermazioni dichiarandole un attacco al mondo transgender. Cerchiamo di mantenere il discorso sui binari corretti e arriviamo a una soluzione che non penalizzi gli atleti, ma renda solo giustizia su dati concreti.