Lega Pro, se si prendesse esempio dal basket…
L’ufficialità dovrebbe giungere a giorni, ma Pro Piacenza e Matera, formazioni iscritte al campionato di Serie C 2018/2019 (rispettivamente nel girone A e in quello C) possono essere considerate a tutti gli effetti già compagini escluse in corsa dal torneo. Emiliani e lucani pagano l’aver presentato, per garantirsi l’iscrizione al campionato, una fidejussione di una finanziaria, la Finworld, giudicata poi successivamente non accettabile.
La Lega Pro aveva dato a tutte le società che avevano presentato quella fidejussione un periodo di tempo per presentarne un’altra con più garanzie. Obiettivo raggiunto da Reggina e Cuneo, non da Pro Piacenza e Matera. A tutto questo, si sono aggiunti le grane societarie con stipendi non pagati e giocatori che decidono di non presentarsi in campo, con sconfitte a tavolino e punti di penalizzazione come se piovesse, 8 per la Pro e ben 33 per il Matera.
Insomma, si è ripresentata una situazione da torneo amatoriale – detto con tutto il rispetto per chi organizza campionati del genere – già vissuta con l’esclusione del Modena la scorsa stagione. Una situazione indegna per un campionato che si assurge a definirsi professionistico.
E allora, vuoi vedere che il principale problema di questi episodi che stanno purtroppo diventando la norma nel torneo di terza serie sta nella presunzione di volersi attaccare alla parola “professionismo” come farebbe una cozza a uno scoglio? Siamo sicuri di voler proprio escludere l’estensione dello status di “dilettantismo” alla Lega Pro?
Un esempio potrebbe arrivare dalla pallacanestro italiana. Anno 2013, la Legadue, organizzatrice dell’omonimo campionato professionistico di pallacanestro maschile valevole come secondo livello nazionale, è a un bivio. Le ultime tre estati sono state uno stillicidio, con ben 10 formazioni che hanno gettato la spugna non iscrivendosi. E il campionato appena terminato aveva visto anche la ben poco felice situazione dell’abbandono in corsa del Napoli Basketball. Come rimediare? Semplice semplice, non ci si può permettere più il professionismo.
Sarà un caso oppure no, da quando nel 2013 la A2 è tornata a essere il massimo campionato dilettantistico di pallacanestro maschile, i tornei sono filati lisci come l’olio e – a parte l’eccezione della oramai “cronica” esclusione del Napoli Basket (ma i problemi della palla a spicchi nella città partenopea sono atavici) – non vi sono più stati problemi economici di sorta. Lo status di dilettantismo, infatti, ha contribuito a contenere i costi di partecipazione delle compagini al campionato. Un elemento che certo non è trascurabile.
Quindi, non sarebbe saggio attingere all’esperienza del basket e fare un semplice “copia e incolla”. Non è una vergogna ammettere che il professionismo non è sostenibile. La vera vergogna è che le squadre di Lega Pro continuino a saltare come birilli. A Firenze pensino bene a questo fattore.