La classe di Nicolò Zaniolo
Essere del 1999 vuol dire parecchie cose. Vuol dire non aver visto il rigore di Baggio sparato alto a Pasadena, vuol dire non ricordarsi la voce di Sandro Ciotti a Tutto il Calcio minuto per minuto, vuol dire aver conosciuto Ronaldo (il fenomeno, Luiz Nazario) solo su Youtube. Essere del 1999 vuol dire anche ricordare a chi ha qualche anno in più che il tempo passa, in fretta. E Nicolò Zaniolo, che è del 1999, il suo tempo lo sta sfruttando bene. Senza fretta, nel modo giusto: crescendo con calma, prendendosi i suoi spazi, togliendoli agli altri.
Tornassimo in estate, a quando la Roma ha venduto Nainggolan all’Inter per soldi più “un ragazzo della Primavera, Zaniollo, no ‘spé, Zanella, o forse Zaniolo. Ecco, Zaniolo, controlla su Google che non so’ sicuro”, e dicessimo che l’affare lo ha fatto totalmente Monchi, ci riderebbero in faccia di gusto. Un “ah ah ah AH AH” che fermeresti solo dandogli un cazzotto e facendogli vedere le chiavi della DeLorean. “Ehi, tizio, io vengo dal futuro” dovresti urlargli in faccia, a petto in fuori “e a gennaio mi darai ragione”.
Corre il tempo, trascorre un autunno freddo, passa Natale, e Zaniolo, voilà, lo trovi titolare nella Roma. Ha esordito in maglia giallorossa al Santiago Bernabeu, a settembre, contro il Real Madrid: non una gran partita, ma quanta esperienza in una sola notte. Scendere in campo in uno degli stadi più importanti del mondo, reggere l’urto dell’onda blanca, uscirne sconfitto, sì, ma con un sorriso grande così sotto i baffi per la consapevolezza che il mister nutre forte fiducia in te, è stato lo starter pack migliore che potesse avere. Avanti in flash forward, allora: Zaniolo segna il primo gol in carriera al Sassuolo (andate a rivederlo, se non ve lo ricordate: meraviglioso), segna il secondo al Torino (e pure questo, cercatelo su Google se non ve lo ricordate: astuzia e freddezza, oltre a tecnica e velocità). Infine, la partita di Bergamo, laddove la Roma si conferma campione indiscussa, mondiale, di ingenuità, regalando il secondo tempo alla Dea, sotto di 3 gol al 40′ e a un passo dalla vittoria al 90′, sul 3-3. Non ha segnato, Zaniolo, ma signori: l’assist per il primo gol di Džeko è roba da campioni. Delicatezza di petto, uno stop che si trasforma in appoggio per il bosniaco, e poi, l’assist per il 3-0 di El Shaarawy. In un attimo, tutta l’essenza del suo estro: il cervello nota Pellegrini in fuorigioco e cambia direzione del passaggio in un millesimo di secondo. Pellegrini è nel mirino ottico, i neuroni che viaggiano, l’allarme del possibile offside che squilla nelle tempie, l’inserimento di El Shaarawy più in là, eccolo che parte il segnale: palla con il contagiri, il Faraone stoppa, controlla, tira, fa 3-0.
Tutto bello, tutto enorme. Nicolò Zaniolo è una gran bella storia, ma Nicolò, se leggi (perché lo sappiamo che ci leggi, ‘ché a 20 anni se non navighi e sei curioso di ciò che scrivono e dicono di te sul web hai sbagliato epoca) accogli questo consiglio, da uno del 1985, che magari è ancora giovane, inside and outside: piedi incollati, saldati, asfaltati, per terra. Perché se qui la testa parte, la giostra si ferma. Ad maiora.
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— AS Roma English (@ASRomaEN) 27 gennaio 2019