Serie C – Servono regole chiare. Basta con il “volemose bene”
Un anno particolare, di transizione e con equilibri mancanti. Potremmo scegliere diversi aggettivi per la Serie C 2018/19 e non tutti negativi nonostante la bufera estiva con le ripercussioni di inizio campionato e gli strascichi che ancora si avvertono.
Il nuovo assetto dirigenziale per la Lega Pro, dopo l’elezione di Gravina alla FIGC, ha l’arduo compito di riscrivere le norme, di mettere ordine in una bufera che si sarà anche calmata ma che non ha ancora finito di causare vittime. Il calcio professionistico ha un costo troppo elevato, almeno per la maggior parte dei soggetti, non è più percorribile la strada dell’ottimismo economico di una speranzosa ricrescita. Ma soprattutto non è più accettabile mantenere le norme esistenti (con lacune clamorose) solo in nome di una terza serie allargata a quanti più soggetti possibili.
Bisogna trovare la strada più realistica o comunque decidere di intraprenderne una con convinzione. Se si vogliono tenere più realtà nel campionato di Serie C allora bisogna modificare lo status del campionato stesso in semiprofessionistico, se invece si ha intenzione di premiare le società sane e in grado di sostenere gli alti costi di gestione allora bisogna diminuire le squadre e tenere alta l’asticella delle garanzie da presentare.
È ormai lampante che da anni si vada avanti tenendo la botte sempre più piena e la moglie in stato di coma etilico, ci verrebbe da dire. Ma, ironia a parte, la realtà è a tratti svilente. Da diverse stagioni stiamo vivendo storie di fideiussioni fasulle o non valide, mancate iscrizioni, ripescaggi fatti male con ricorsi infiniti, società che non pagano gli stipendi e piazze disamorate. Siamo certi che nelle sedi opportune della Lega Pro si stia operando affinché le cose cambino ma, non avendo ancora riscontri oggettivi, è giusto porci interrogativi riguardo una tanto giusta quanto bramata soluzione normativa a questo annoso problema.
Nonostante i precedenti vissuti negli scorsi anni, pare che stiamo messi sempre peggio. Se è vero che dare più tempo alle società, per trovare garanzie economiche e coperture finanziarie, abbia permesso alla Reggina di trovare nuovi fondi e dirigenti, è sotto gli occhi di tutti che in casa Pro Piacenza, Matera, Lucchese e Cuneo non si possa dire lo stesso. Tra tesserati e personale sotto contratto sono tante le persone coinvolte, senza pensare agli strascichi sportivi, in termini di risultati, che queste situazioni al collasso portano.
Nel 2019 non è accettabile una condizione del genere. Devono essere ammesse solo le società che rispecchino i regolamenti iniziali e le scadenze in corso d’opera, pena l’immediata esclusione. Per evitare situazioni sciagurate è arrivato il momento di riscrivere le regole (o almeno di scriverle, in presenza di vuoto normativo), di tempo per capire dove e come intervenire ne è passato. C’è bisogno di operare un passo indietro per ciascuno dei soggetti, che sia la Lega, che siano le società ma anche i calciatori. Bisogna dare meno pressioni fiscali ma bisogna rispettare le regole, se questo comporta la sparizione di alcune realtà ce ne faremo una ragione, si risolleveranno con presupposti migliori. Avremo meno squadre in terza serie? Peccato, ma non c’è altra strada. Tifoserie storiche senza più la squadra di appartenenza? Dispiace e anche tanto, perché il calcio è anche basato sulla storia e su piazze importanti, ma se non ci sono i requisiti è purtroppo giusto che avvenga. E, vista la storia e il blasone, di sicuro una risurrezione è praticabile con altri soggetti in futuro. Insomma basta annaspare, il calcio e il suo movimento, i tifosi e gli addetti ai lavori stipendiati hanno bisogno di certezze che almeno durino una stagione completa. È il minimo che si può chiedere, ad oggi. Per poi lavorare su una garanzia di sopravvivenza più ampia nel tempo.
Il tempo della comprensione è scaduto, così come la pazienza di chi vive questo sport con passione infinita. Il calcio è sì uno sport ma anche un movimento fatto di soldi e regole, che porta lavoro e innesca indotto, non può considerarsi alla stessa stregua di un circolo di amici che giochino a carte il venerdì sera. O forse sì?