La parabola discendente di Simone Scuffet
Manca solo qualche dettaglio per l’ufficializzazione del passaggio di Simone Scuffet dall’Udinese al Kasimpasa, squadra turca, in prestito fino a giugno. Il giovane portiere friulano, ancora una volta, non è riuscito a convincere i propri allenatori (parlando dell’Udinese, negli ultimi anni, bisogna sempre usare il plurale, anche se ci si riferisce a mezza stagione). La destinazione appare tutt’altro che allettante per un giocatore che, cinque anni fa, era stato richiesto niente meno che dall’Atlético Madrid.
Un lustro quasi esatto, tanto è passato dal primo febbraio 2014, data dell’esordio in Serie A dell’allora diciassettenne Simone Scuffet, al Dall’Ara di Bologna. Complice l’infortunio di Brkić, Scuffet ebbe la possibilità di mettersi in mostra, mantenendo la titolarità fino all’ultima giornata di campionato, nonostante il rientro nella lista dei disponibili del portiere serbo. Scuffet entrò facilmente nelle grazie dei propri tifosi (erano trascorsi dieci anni da quando l’ultimo friulano, Rossitto, aveva indossato la casacca bianconera) ma anche della critica che, unanimemente, ne esaltò le doti.
Le sedici presenze in campionato (più le due in Coppa Italia) di un ragazzo così giovane attirarono l’attenzione dei colchoneros, pronti a sborsare una cifra vicina ai 10 milioni di euro per il ragazzo. Avete presente il treno che passa una volta sola? Ecco, l’Atlético era quel treno per Simone Scuffet. D’accordo con la famiglia, il portiere preferì però rifiutare l’offerta per continuare il suo percorso a Udine volendo, tra le altre cose, portare a termine gli studi. Voci di corridoio narrano di un patron Pozzo non particolarmente entusiasta per la scelta del giocatore (per usare un eufemismo), a dimostrazione del fatto che l’aspetto economico era ed è preponderante per la dirigenza bianconera. Scuffet non rappresentava una possibile futura bandiera per l’Udinese, bensì una plusvalenza clamorosamente ghiotta.
Con il senno di poi, probabilmente, Pozzo ci aveva visto giusto, dall’alto del suo cinismo: mentre l’Italia calcistica (e non solo) aveva vaneggiato per alcuni mesi, paragonando Scuffet a un mostro sacro come Buffon per precocità e possibile carriera, indicando anche le due F presenti nel suo cognome come segno del destino (come Zoff e Buffon), il patron dell’Udinese era probabilmente conscio di come tutto quel fumo negli occhi lanciato dalla stampa potesse fargli incassare un lauto assegno per un giocatore normale, spacciato per potenziale fenomeno.
D’altro canto non possiamo dire se la scelta di Scuffet sia stata giusta o sbagliata per la sua carriera: non capita tutti i giorni che la squadra vice campione d’Europa venga a bussare alla porta, è vero, ma è altrettanto vero che se non si è all’altezza le ripercussioni sulla propria carriera potrebbero essere ancora più pesanti rispetto al rimpianto di non aver accettato. Se negli anni che sono trascorsi tra il 2014 e il 2019 Scuffet è riuscito a disputare in media 6 presenze in Serie A all’anno, giocando con continuità solo nella stagione trascorsa al Como in Serie B (nella quale la società lombarda arrivò ultima), allora probabilmente dobbiamo dedurre che il suo livello è molto più basso di quanto le sue prestazioni agli esordi facessero presagire.
La scelta di andare a cercar fortuna in una squadra sconosciuta ai più in Turchia è alquanto discutibile e rischia di minare ulteriormente l’autostima del ragazzo che dovrà confrontarsi con una cultura diversa e un modo di vivere il calcio sicuramente differente. A questo punto, probabilmente, sarebbe stato meglio rischiare tutto cinque anni fa andando in Spagna: avrebbe potuto imparare di più in uno spogliatoio ricco di campioni e con un timoniere come Simeone, anche se non fosse riuscito a imporsi. Avrebbe arricchito il suo curriculum potendo scrivere “scelto dall’Atlético Madrid per sostituire Thibaut Courtois”. Ora, invece, la sua pagina Wikipedia probabilmente reciterà “scalzato da Musso all’Udinese, vola in Turchia per contendere il posto a Ramazan Köse e Eray Birniçan”. Altroché Buffon, al momento la sua parabola discendente sembra un bignami della carriera di Gianluca Curci.