Numeri alla mano, il girone d’andata dell’Atalanta sta confermando la Dea nelle squadre che si collocano in Serie A immediatamente alle spalle delle cosiddette grandi del campionato. Dopo 19 partite, la formazione di Gasperini è ottava con 28 punti, migliorando il rendimento che aveva la scorsa stagione sempre al giro di boa, quando era nona con 27 punti. Ed è nel gruppo che, alle spalle del trio Juventus-Napoli-Inter, si sta giocando un piazzamento europeo.
Già, quell’Europa che a inizio stagione si è comportata da “matrigna” per la formazione bergamasca, con quell’immeritata eliminazione ai rigori nel terzo turno preliminare con il Copenaghen dello scorso 30 agosto. Un’eliminazione che ha avuto come conseguenza un contraccolpo psicologico che l’Atalanta ha pagato in termini di punti in classifica in campionato.
Poi, lavorando sulla mente – fondamentale l’ingaggio in tal senso di Jens Bangsbo – professore danese di scienza applicata allo sport già collaboratore di Ancelotti e Lippi ai tempi della Juventus – e con la novità tattica apportata da Gasperini con la collocazione del Papu Gomez come trequartista nel ruolo che fu lo scorso anno di Bryan Cristante, l’Atalanta si è risollevata. Togliendosi diverse soddisfazioni, come il 4-1 rifilato all’Inter lo scorso 11 novembre. E come la vittoria per 6-2 a Reggio Emilia contro il Sassuolo, ciliegina sulla torta di un girone d’andata chiuso con 8 vittorie equamente divise tra casa e trasferta, 4 pareggi e 7 sconfitte e soprattutto con la soddisfazione di essere miglior attacco del campionato con 39 reti realizzate, una in più della Juventus.
Tante cose positive, insomma. Ma ve ne è anche una negativa. L’Atalanta ha un pregio che però in alcune occasioni può trasformarsi in difetto. Per portare a casa i 3 punti, infatti, la Dea deve necessariamente giocare bene e dare spettacolo, sfruttando la classe tecnica dei suoi uomini migliori, il già citato Papu Gómez, Duvan Zapata che ha già raggiunto la doppia cifra di marcature grazie a un dicembre da urlo con ben 9 reti all’attivo in 5 partite e “mister tripletta” Josip Iličič.
Però, per sfruttare questo vantaggio tecnico, hai anche bisogno di avere un avversario che, consapevolmente o inconsapevolmente, accetti di mettere la partita su questo piano. Se invece l’opponente cala subito l’asso della foga agonistica e della vigoria fisica, l’Atalanta va in difficoltà. I dati di fatto, da questo punto di vista, sono incontrovertibili. Con le grandi, intendendo come tali Juventus, Napoli, le romane e le milanesi, l’Atalanta ha portato a casa 9 punti su 18, uscendo sconfitta solo dalla sfida con i partenopei ma con il grande merito di aver bloccato Madama Juventus. Invece, con Cagliari, SPAL, Genoa ed Empoli il bottino è stato di…0 punti su 12.
Perché queste quattro squadre hanno colmato la differenza tecnica con i neroblu privilegiando una tattica all’italiana, ossia densità di uomini in fase difensiva e agonismo e furore agonistico espressi all’ennesima potenza dal primo all’ultimo secondo. Un atteggiamento che ha mandato in difficoltà l’Atalanta. Perché il guardaroba della Dea è ben fornito, ma attualmente manca di un abito: quello da manovale che deve impugnare gli arnesi da lavoro quando il gioco si fa pesante.
Detto in altre parole, l’Atalanta deve imparare a portare punti a casa anche in quelle partite “sporche”, in quelle partite “cattive” dove non riesce a esprimere il suo solito meraviglioso gioco spumeggiante. Se riuscirà a capire quando deve impugnare la spada e lasciare da parte il fioretto, allora questa stagione potrebbe essere davvero l’ennesima da ricordare positivamente per la Dea.