Si è sbloccato dopo 866 minuti. Un’eternità, per un attaccante come lui. 866 minuti infiniti, che lo hanno perfino messo in discussione. Higuaín. In discussione. Il pipita.
Il calcio è fatto di momenti che si dimenticano in fretta, lo sappiamo benissimo. Però, ci sono cose che dovrebbero essere ovvie, scontate, perfino banali. Una di queste è che Gonzalo Higuaín non è un bidone. Non lo è mai stato, non lo sarà mai, finché avrà forza e voglia di giocare al calcio. L’uomo da trentasei gol in campionato ai tempi del Napoli, l’attaccante dell’alto tradimento azzurro, dell’era pre-Ronaldo in bianconero, dei gol pesanti e stilosi, non è un bidone. Ma i tifosi, di qualsiasi squadra siano, non lo ricordano. Il tifoso moderno è l’emblema della teoria di Antoine-Laurent de Lavoisier, “nulla si crea nulla si distrugge: tutto si trasforma”. Ecco, il pipita nn si è creato né si è distrutto, si era solo trasformato in un bidone secondo l’intelligenza di chi non si ricorda che dietro al talento c’è un carattere, una personalità, un ragazzo.
Non piangere, pipita: è inutile. Inutile perché saranno lacrime già dimenticate alla prossima crisi da chi non aspetta altro. Tutto altamente emozionante ieri sera, sicuramente, e questo a prescindere dai colori; ma riparliamone quando sorgeranno i prossimi problemi, se ci saranno, quando ci saranno. Il gesto tecnico, poi: lo stop, ancor più bello della rabbia con cui quella palla è stata scaraventata in porta, ve lo ricordate Mortal Kombat? Ecco, quando ha caricato il tiro, Higuaín, era in modalità Fatality. Ha preso la crisi, se l’è gettata alle spalle, dimostrando che anche solo ipotizzare un suo addio è roba da folli. Signori, Higuaín è forse l’unico giocatore da Milan, in quella rosa. Follia è non riconoscerlo.