Alla fine, anche la Lega Calcio si è dovuta arrendere: la sessione del calciomercato invernale comincerà, come previsto, il 3 gennaio, ma si chiuderà con il “classico” 31 gennaio e non più il 18, teoricamente il giorno prima dalla ripresa del campionato dopo la sosta. L’esperimento di una Serie A (ma, più in generale, di tutti i campionati europei) in campo a gennaio senza più l’incubo delle indiscrezioni e delle voci di mercato alle spalle almeno per il momento è rinviato a data da destinarsi, operando un deludente cambio di rotta dopo il test tentato la scorsa estate con la conclusione anticipata della sessione.
Lo scorso anno avevamo applaudito anche noi la decisione di chiudere il calciomercato prima del ritorno in campo, dove a parlare sono solo le prestazioni delle squadre, pur riconoscendo la necessità di continuare a studiare nuove soluzioni per eliminare le storture più paradossali di queste sessioni. Era una soluzione che evitava tanti inconvenienti, dalle continue e spesso fastidiose domande in conferenza stampa agli allenatori, il più delle volte maggiormente desiderosi di parlare di calcio più che di mercato, fino al rischio per grandi e piccole squadre di ritrovarsi a dover rinunciare a giocatori “distratti” o in partenza in partite ufficiali, fino a rischiare di vederli andare via nella mezzo di una settimana che separa una partita dall’altra.
L’Italia, in questo senso, era pronta per mettersi per una volta in prima fila nella realizzazione di un cambiamento interessante. È mancata forse la convinzione giusta per persuadere anche le altre federazioni europee, si trattava di un lavoro da cominciare ben prima nel tempo e invece, alla fine, ci siamo adattati noi, come ha fatto intendere il Presidente della Lega A Miccichè ieri in conferenza stampa. Il grosso problema è legato alle diverse soste che avverranno in Europa (ma c’è anche chi, come la Premier League, che di stop non ne avrà proprio) e di conseguenza non si è riusciti a trovare una soluzione convincente sul calciomercato. Resta comunque evidente che il passo indietro lo ha fatto l’Italia, ma anche il resto dell’Europa calcistica, stavolta senza altri campionati pronti ad aderire a proposte così coraggiose. Anche perché, in realtà, anche la scorsa estate le sessioni di mercato si erano concluse in periodi diversi (il 9 in Inghilterra, il 25 in Italia, in Francia e Spagna il 31) e di grossi problemi poi risultati decisivi nel corso della stagione non risulta essercene stati: ma questo è un dettaglio che sembra essere stato completamente ignorato.
Alla fine del suo discorso, tra l’altro, Miccichè ha fatto capire chiaramente chi fossero gli unici ad essere felici di questo rinvio della chiusura, dopo aver fatto pressioni più o meno esplicite per settimane: i giornali e le televisioni. “È una soluzione interessante anche perché avrete 14 giorni in più di trasmissioni televisive, di articoli sulla stampa e di ipotesi che spesso non si realizzano, ma voi le lanciate lo stesso e quindi tiene noi lettori e telespettatori sempre molto interessati”. Un ragionamento che sembra riflettere lo stato in cui versa parte del nostro giornalismo, troppe volte fatto più di “bombe di mercato”, affari al limite dell’impossibile o corse affannate per assicurarsi l’esclusiva pur di vendere più della concorrenza. Il calcio giocato interessa fino a un certo punto, mai ai livelli di un’indiscrezione su un presunto affare in corso. E così anche il parere di chi vive questo sport ogni giorno passa inevitabilmente in secondo piano in maniera tutto sommato indolore e silenziosa.
Il calciomercato, dunque, scalda i motori per un nuovo, intenso mese. Per chi si occupa quasi esclusivamente di trattative e affari fuori dal campo è il periodo d’oro dell’anno, quello in cui incantare tifosi e lettori in tutto il Paese con una notizia dietro l’altra. Poco importa se realizzabili o meno. L’importante ora è vendere, prima di pensare alla qualità della notizia e da questa logica non è riuscita a prendere le distanze nemmeno la Lega Calcio. Con buona pace di chi non vede l’ora del gong di chiusura della sessione per poter tornare solo ed esclusivamente di quello che succede sul campo.