Baroni in sella. Frosinone, cosa deve cambiare
Alla fine il cambio panchina, in casa Frosinone, è arrivato. La piazza lo chiedeva da tempo, da più settimane i segni del malcontento ciociaro erano ben evidenti e udibili allo Stirpe, con un Moreno Longo che sempre più veniva circondato da malessere a causa di prestazioni, oltreché risultati (solo 8 punti raccolti), mal digeriti da tutto il popolo ciociaro. Un malcontento che, in realtà, già nella scorsa annata aveva accompagnato a più riprese il tecnico originario di Torino, reo di non dare a quel Frosinone quel vantaggio sulla carta evidente rispetto alle inseguitrici, e con una Serie A poi ottenuta solamente per la via dei temibilissimi play-off, costati cari ai canarini nell’annata precedente. In quella circostanza però, le spalle di Longo erano coperte da una fiducia piena e incondizionata del presidente Stirpe, il quale nel momento più difficile aveva anche deciso di rinnovare e prolungare il contratto del mister.
Quella salda copertura però questa volta è venuta meno, e Stirpe (che anche in questa occasione si è dimostrato come poco affine ai cambi in corsa, dando a Longo davvero molto tempo e occasioni prima di considerare definitivamente fallimentare il suo percorso) ha così optato per l’esonero e la sostituzione con l’ex tecnico del Benevento Marco Baroni. Una scelta che, restando sempre sugli umori della piazza non è apparsa così entusiasmante e particolarmente ben accetta; il tutto motivato da quello che è stato un percorso molto simile a quello di Longo per lo stesso Baroni, che alla guida di quel Benevento che proprio ai ciociari più o meno indirettamente aveva soffiato la promozione, in A venne esonerato dopo nove sconfitte consecutive.
Ma, a parere di chi scrive, con opinioni che ovviamente potranno ben essere smentite grazie a un oculato mercato di riparazione, la squadra allestita dalla società ciociara sembra davvero poco congeniale a quello che risulta essere l’attuale momento calcistico non solo italiano, ma anche europeo. Ecco perché, le prime parole di Baroni (“L’allenatore spesso deve avere la capacità di capire velocemente quali sono le attitudini migliori dei calciatori. Questa squadra ha una genetica, farò qualcosa, ma piccole cose, per cambiare. Da parte mia, ho già giocato a tre in altre esperienze”), mi risultano davvero poco convincenti. Il perché è da spiegare.
Innegabile il fatto che, anche per evitare quanto visto due anni fa, con una squadra che venne quasi completamente confermata in blocco anche a mo di premio, con conseguente retrocessione, Stirpe e i suoi dirigenti si siano mossi a livello numerico con massicci interventi di mercato. Da quanto visto, a spingere il singolo acquisto è parsa essere la ricerca di affidabilità e conoscenza della categoria, un’esperienza ricercata anche a discapito di un’età anagrafica particolarmente giovanile. Ma la classifica attuale, e lo stesso cambio di guida tecnica, hanno dimostrato che purtroppo ci si è mossi fondamentalmente, e inesorabilmente, male. E a far star poco tranquilli sembra essere proprio la genetica di questa squadra, così come citata da Baroni.
Dati statistici alla mano, la maggior parte dei gol vengono realizzati in contropiede; per dirlo alla moderna e tenendo in considerazione i sistemi di gioco attuali, su ripartenze veloci. A dimostrazione di ciò, anche la dominatrice del nostro campionato, la Juventus di Allegri, in fase di non possesso posiziona tutti i giocatori dietro la linea della palla; oppure, visto che si citava anche il calcio europeo, il Liverpool di Klopp, che adotta questi stessi accorgimenti tattici. Ecco che dunque emerge il problema, e allo stesso tempo il grosso interrogativo, attorno alla costruzione iniziale della rosa ciociara.
Giocatori che, per caratteristiche, non appaiono così congeniali per questo tipo di gioco (anche stranamente, visto l’obiettivo salvezza chiaro ed evidente sin da subito). Questo Frosinone viceversa, sembra una squadra costruita proprio per un gioco completamente opposto, quasi teorizzando, in maniera erronea, un’occupazione di spazi e un gran possesso palla. Cose che fondamentalmente a oggi non si sono mai verificate, e la squadra spesso e volentieri si è prestata a goleade avversarie e soprattutto alla realizzazione di pochissimi gol. Ecco che dunque l’ossatura e l’ideologia, la genetica appunto citata dal neo tecnico, sembrano essere – a parere di chi scrive – i veri problemi di una squadra e di un gioco che deve dunque essere rivoluzionato. Vedremo se Baroni riuscirà invece, senza snaturare (a quanto pare) quanto visto fino a ora, a toccare corde alternative e giuste per una salvezza quanto mai complicata.