Young Boys: un anno d’oro per gli Orsi di Berna
Al triplice fischio dell’arbitro Hanni, a Neuchâtel, sabato sera, l’abbraccio finale tra i giocatori dello Young Boys ha chiuso un anno solare da ricordare. Vittoria in campionato dopo decenni (ultimo successo nel 1986), finalista in Coppa svizzera nella scorsa stagione e qualificazione ai quarti per quella attuale, conquista dell’accesso alla fase a gironi in Champions League con 4 punti ottenuti, con una compagnia impossibile (Manchester United, Valencia e Juventus le rivali). Onestamente, difficile chiedere di più. O forse si: arrivare di nuovo in finale di Coppa (in programma ancora nello stadio di casa, il 19 maggio, dopo la positiva esperienza della passata stagione) ma, questa volta, vincerla.
Tutto semplice? Neanche per sogno. C’era un po’ di inquietudine, quest’estate, ai nastri di partenza. L’addio di Adi Hütter, seppure avvenuto in armonia con tifosi e società, era un’incognita. Coraggiosa, va detto, è stata la scelta dei vertici societari di mettere in panchina un tecnico giovane e con nessuna esperienza internazionale come Gerardo Seoane, reduce da un bel girone di ritorno alla guida del Lucerna, nella precedente stagione, e cresciuto all’interno della società biancoblù, salendo poco per volta i gradini, dalle giovanili in poi. In realtà, i fatti hanno dimostrato come, evidentemente, a Berna ci sia qualcuno, ai piani alti, capace di andare oltre i tabellini di Transfermarkt.
Seoane, nato a Lucerna ma di origini spagnole, non è un personaggio di grande visibilità. Sempre molto disponibile in sala stampa, non ha mai fatto polemiche e, in campo, non lo si vede mai abbandonarsi a gesti eccessivi. Non ha particolari preferenze tattiche: gioca con un 4-4-2 semplice dove, a fare la differenza, sono gli interpreti. Può contare su giocatori fisicamente imponenti, soprattutto davanti. La forza fisica dei suoi, e la tecnica individuale della maggioranza dei giocatori, gli consente di avere tantissime soluzioni offensive. Lo Young Boys segna infatti di testa, in contropiede, in azione manovrata, con tiri da fuori, su palla ferma, sulle seconde palle.
I numeri fanno davvero impressione. I gialloneri sono andati a segno 57 volte (il secondo attacco della Super League, vale a dire quello del Thun, di reti ne ha segnate 36), subendo 20 gol (la seconda miglior difesa, quella dello Zurigo, ne ha presi invece 25). In 18 partite non sono pochi, a voler ben vedere: e, forse, la fase difensiva è l’unico punto debole dei campioni svizzeri, se di debolezza si vuole parlare.
Logicamente, in un torneo come la Super League svizzera, quando una squadra segna mediamente oltre 3 gol per partita, diventa davvero difficile superarla. Nello specifico, a riuscirci è stata, finora, proprio il Lucerna che, di gol, ha dovuto farne tre, in una serata dove, invece, i bernesi si sono fermati a due. Le statistiche saranno freddi numeri: tuttavia, spesso sono lo specchio della realtà. Può essere utile precisare che, per l’alternanza del risultato, e per la qualità del gioco mostrato, si è trattata di una delle partite più belle di questo girone d’andata.
Perfettamente riuscito, dunque, l’atterraggio di Seoane a Berna. Si tratta ora di capire se questo Young Boys sia o meno arrivato all’apice. Di sicuro, l’esperienza europea ha fatto bene ai gialloneri, che si sono misurati con una realtà di livello elevatissimo. Tutto questo li ha fatti crescere soprattutto a livello mentale, e questo è loro servito a imparare a giocare tutti i 90′ con intensità (parecchie partite sono state risolte dallo Young Boys nei minuti finali). Aggiungiamoci il grande riscontro economico, che ha consentito di trattenere gli elementi più validi, e il bilancio si chiude. In attivo. Il 2018 potrebbe quindi avere regalato, finalmente, a questa squadra, la mentalità giusta per ottenere risultati di prestigio, per un lungo periodo.
Lo Young Boys, nella sua storia recente, ha infatti incassato sconfitte cocenti. Abbiamo il ricordo di un quarto di finale casalingo di Coppa svizzera contro il Winterthur, nel 2017: da 2-0 a 2-2, e successiva eliminazione ai calci di rigore. L’allenatore della compagine zurighese, di grande tradizione ma da tempo relegata tra i cadetti, disse a fine partita: “Ho detto ai ragazzi, dopo il pari, che li dovevano guardare fissi negli occhi. In quello sguardo, dovevano leggere il perché, da trent’anni, non vincono niente. E sentirne tutto il peso.”
Ecco, a Berna hanno deciso che non dovrà succedere mai più, di stare così tanti anni senza alzare un trofeo. E tutti lavorano in questa direzione, soprattutto il tecnico, che sta dimostrando una personalità non indifferente. Seoane non è come Magnin: non ha la sua gestualità in panchina, che piace tanto ai tifosi. Non è un uomo che ride spesso, e ha trovato dei difetti alla squadra anche dopo la clamorosa (anche se inutile) vittoria contro la Juventus in Champions League. Forse lo vedremo sorridere se, a maggio, i suoi gli passeranno la Coppa svizzera, dando per scontato (ovviamente) l’arrivo in prima posizione in campionato. Ma non ne siamo sicurissimi.