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Il ritorno del Papero. Pro e contro del possibile acquisto di Pato da parte del Milan

Ormai sono passati undici anni e mezzo dall’estate del 2007. Adriano Galliani, con uno dei suoi soliti blitz, sbaragliò la concorrenza e si assicurò le prestazioni del giovanissimo attaccante brasiliano Alexandre Pato. Il Milan prevalse nei confronti di Chelsea, Real Madrid e Inter depositando nelle casse dell’Internacional ben ventidue milioni di euro. Una cifra considerevole visto che il calciatore era ancora minorenne all’epoca del suo trasferimento in Italia. E che proprio in virtù della sua minore età non poteva lasciare il Brasile. Ecco perché il debutto avvenne solo a gennaio.

IL DEBUTTO IN ROSSONERO – Il 13 gennaio il Milan ospitava il Napoli a San Siro. Ancelotti gettò Pato nella mischia, inserendolo nel trio d’attacco – tutto verdeoro – completato da Kakà e dal redivivo Ronaldo. Il 18enne brasiliano mostrò subito numeri interessanti, dando sfoggio di un’ottima intesa coi compagni. E segnò la sua prima rete italiana, che decretò il 5-2 finale. Gli elogi furono unanimi. Il calcio italiano scoprì Pato e lo elesse a sicuro protagonista di una carriera sfavillante. Sintomatico il commento di Repubblica: “Pato ha giocato senza paura, ha fatto le cose da campione che ci si aspettava da lui, ha tirato quando si è trovato tra i piedi palle buone ingaggiando un duello strepitoso col portiere del Napoli. Ma, in altre occasioni, ha scelto passaggi e soluzioni sempre utili alla squadra“.

LA CONFERMA E LA PARABOLA DISCENDENTE – Negli anni successivi Pato si confermò fino a diventare un punto fermo dell’attacco milanista. Anche senza l’aiuto di Kakà, passato al Real Madrid. Ma dal 2010 in poi la fortuna gli voltò le spalle. Una lunga serie di infortuni ne minarono la carriera in rossonero, nonostante fosse diventato il più giovane calciatore della storia a segnare almeno 50 reti per il club meneghino. Così la stella di Pato al Milan cominciò ad eclissarsi lentamente. Fino al gennaio 2013, quando l’ex ragazzo prodigio fece ritorno in Brasile, al Corinthians. Da quell’addio ne è passato di acqua sotto i ponti. Pato ha provato a rilanciare la sua carriera europea, al Chelsea prima e al Villarreal poi, non riuscendo però a riconfermare il livello della precedente esperienza al Milan. Nel 2017 il passaggio in Cina, al Tianjin Quanjian, tra le cui fila ha giocato le ultime due stagioni segnando più di venti gol.

Adesso il Milan pare seriamente intenzionato a riportarlo a casa. Dopo aver rinunciato ad un altro cavallo di ritorno, Ibrahimović, Leonardo ha spostato le sue attenzioni proprio sul Papero. Un’operazione che potrebbe andare in porto solo a determinate condizioni (in prestito e con riduzione dell’ingaggio) ma che rimane sul taccuino della dirigenza rossonera.

PERCHÈ SI – Pato è rimasto nel cuore dei tifosi del Milan e non può essere altrimenti. Pur falcidiato dagli infortuni ha saputo emozionare e ritagliarsi un posto speciale nella storia del Milan. È un attaccante ormai esperto, che può far comodo a Gattuso (che lo ha avuto anche come compagno di squadra e sa bene di che pasta è fatto) anche a partita in corso. Pato sembra essersi ristabilito completamente e le ultime due stagioni in Cina sono state abbastanza proficue in zona realizzativa. A costo zero potrebbe rivelarsi un’occasione unica e lui ha una gran voglia di riscattarsi e di tornare in rossonero.

PERCHÈ NO – Pur essendo un’idea romantica, l’operazione ha naturalmente degli aspetti negativi. Intanto il Milan non è mai stato fortunato con i ritorni. Gullit vestì nuovamente rossonero dopo un periodo alla Sampdoria, ma deluse le attese. Così come Donadoni, che tornò 34enne al Milan dopo la parentesi nella Major League Soccer. Non andò meglio a Shevchenko e Balotelli, riapparsi dopo le esperienze inglesi al Chelsea e al Liverpool. Ma c’è di più. Pato ha deluso nelle ultime due stagioni in Europa, non riuscendo a imporsi nel Chelsea e nel Villarreal. L’aver giocato in un calcio senz’altro meno competitivo della Serie A potrebbe risultare decisivo e a 29 anni sta vivendo sicuramente una fase calante della sua carriera.