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Nibali, un annuncio tutt’altro che sorprendente

L’annuncio della scorsa settimana di Vincenzo Nibali di affrontare sia il Giro d’Italia che il Tour de France nel 2019 provando a fare classifica in entrambe le corse ha sicuramente scatenato un acceso dibattito nei tifosi e negli appassionati dello sport delle due ruote a motore umano. L’elemento comune nelle discussioni è senz’ombra di dubbio l’effetto sorpresa originato dalla decisione dello “Squalo dello Stretto“.

Il ritorno al Giro d’Italia era pressoché scontato dato che le scelte dell’olandese del Team Sunweb Tom Dumoulin e del duo Sky Thomas-Froome di puntare le loro carte sul Tour “aiutano” il siciliano alla caccia di quello che sarebbe il suo trionfo rosa (sebbene gli avversari non mancheranno, Bernal e Landa in primis). Alla Grande Boucle – pensavano in tanti – Nibali sarebbe tornato nel 2020, in maniera poi da rifinire la preparazione anche per il duro appuntamento olimpico di Tokyo.

E invece, colpo di scena. Non solo Giro, ma anche Tour. Il siciliano della Bahrain-Merida punta alla doppietta, quella che nel ciclismo manca da 20 anni esatti dopo l’uno-due firmato Marco Pantani nel 1998. Ed è la prima volta che accade in carriera. Però, a ben analizzare le condizioni al contorno, la scelta di Nibali non è così sorprendente. Anzi, tutt’altro. E questo per una serie di motivazioni.

Innanzitutto, la carta d’identità comincia a presentare il suo conto. Lo scorso 14 novembre Nibali, classe 1984, ha compiuto 34 anni. Il che significa che il siciliano teoricamente ha la prossima stagione e il 2020 per togliersi soddisfazioni nei Grandi Giri poiché le storia del ciclismo insegna che, nella maggior parte dei casi, superata la fatidica soglia delle 35 primavere molto difficilmente si riesce a essere competitivi per la vittoria. Quindi, tenuto conto del già citato impegno olimpico di Tokyo 2020, rimaneva solo il 2019 “libero” per tentare l’impresa.

Poi, per i colpi pesanti inferti al tabù della doppietta Giro-Tour proprio la scorsa stagione da Tom Dumoulin e Chris Froome. Fino allo scorso anno, chi aveva provato ad abbinare il Rosa con il Giallo è andato a sbattere – metaforicamente parlando, ovviamente – contro un muro durissimo. L’olandese della Sunweb e l’inglese della Sky, rispettivamente due volte secondo il primo e vincitore al Giro e terzo al Tour il secondo, hanno invece fatto capire che, se fisicamente e soprattutto mentalmente preparati, essere competitivi in Italia e Francia non è un’utopia. E se ce l’hanno fatta loro, può tranquillamente riuscirci anche un maniaco – nel senso ultrabuono del termine – della preparazione come Nibali.

E, ultimo ma non ultimo, la squadra. La Bahrain-Merida sì, ha perso gli Izagirre che sono passati all’Astana, ma ha attinto a piene mani dalla BMC. Accaparrandosi le prestazioni di Rohan Dennis, che tornerà utilissimo al Tour soprattutto nella cronometro a squadre di Bruxelles, e soprattutto di Damiano Caruso. Il siciliano affiancherà Domenico Pozzovivo nel ruolo di spalla di Nibali. I due faranno coppia alle spalle del capitano al Giro, poi Caruso sarà “numero 2” in solitaria di Nibali al Tour in quanto Pozzovivo – miglior italiano lo scorso anno sia al Giro (5°) che al Tour (18°) – dovrebbe poi essere designato capitano unico alla Vuelta. E due “gregari” di questo calibro, capaci di rimanere accanto a Nibali nelle tappe che contano molto ma molto a lungo, possono far pendere la bilancia dalla parte del siciliano.

Quindi, la scelta di Nibali può essere definita in tutti i modi. Tranne che sorprendente. Alla strada, come sempre, la sentenza sportiva.