Home » La solita questione di dettagli

A dispetto del nome, il derby della Mole è storicamente questione di dettagli, di piccoli particolari o contingenze lunghe un paio di minuti: dai 124 secondi che mandarono in estasi i tifosi granata nel 1983, alla “fossetta” di Maspero (con annesso rigore fallito da Salas) nel folle 3-3 del 2001 a far ridere ancora i granata, che tra le ferite più profonde annoverano invece le corna di Maresca nel 2002 o ancora il gol al 93′ di Trezeguet in un Torino-Juve che nel 2007 sembrava destinato allo 0-0 con la Juventus che spesso e volentieri ha poi sadicamente punito i “cugini” nel finale dall’inizio dell’egemonia sul Campionato italiano griffata Andrea Agnelli.

Il primo derby della stagione 2018/19 non fa eccezione a quanto sopra esposto, e regala quindi una sfida bloccata, drammatica, e decisa da un episodio, o meglio da un particolare; questa volta, a fare la differenza, sono una manciata di centimetri. Quelli che trasformano un normale retropassaggio di Zaza, dopo pregevole recupero su Bonucci, in un involontario assist a Mandžukić affondato poi da Ichazo in area da rigore; quelli che separano la mano di Ichazo dal pallone calciato da Cristiano Ronaldo in fondo al sacco, con il portiere uruguaiano che per centimetri non diventa l’eroe del derby della Mole numero 147 in Serie A.

A decidere un derby bloccato nella prima frazione, ed equilibrato nella ripresa, è infatti il calcio di rigore che uno sciagurato retropassaggio di Zaza genera innescando la fuga di Mandžukić steso in area da rigore Ichazo in uscita con Cristiano Ronaldo a sentenziare i granata con un rigore tutt’altro che perfetto. La contesa, nel complesso, regala un Torino “gagliardo”, che nella prima frazione da vita assieme alla Juventus a un primo tempo piuttosto avaro di emozioni e logicamente in porto a reti invìolate; nella ripresa i “padroni di casa” partono meglio degli avversari spaventando i bianconeri con alcune galoppate di un Belotti commovente per applicazione, ma sono condannati dal ritorno dei più quotati avversari che con il passare dei minuti prendono gradualmente il comando delle operazioni, fino ad aggiudicarsi la contesa a valle dell’episodio abbondantemente descritto in precedenza.

Se per la Juventus, capace di mettere insieme 15 successi e 1 pari in 16 uscite pur se non sempre giocando in maniera brillante (come si conviene alle grandi squadre, con cinismo) arrivando quindi a tramutare con sempre più fondatezza (purtroppo per la competitività del nostro Campionato) gli interrogativi a “quando” e non “se” l’ottavo Scudetto consecutivo dovesse arrivare, il Torino deve ripartire dagli aspetti positivi della gara persa contro i rivali cittadini. Dalla compattezza di squadra, alla prestazione di un Belotti capace di “cantare e portare la croce” assomigliando esso stesso più a un Toro che non a un Gallo, il Torino di Walter Mazzarri dimostra di avere tutte le armi necessarie a battersi per una lotta per l’Europa nella quale classifica alla mano è pienamente coinvolta.