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Caputo si è preso anche la Serie A. La consacrazione (tardiva) di un grande attaccante

Sono tanti gli esempi di attaccanti che hanno tardato ad affacciarsi al calcio che conta, per segnando con continuità nelle serie minori. Il primo nome che viene in mente è quello di Dario Hübner, attaccante che fece il suo esordio in Serie A a trent’anni suonati con la maglia del Brescia, dopo aver fatto una caterva di gol in B con il Cesena. Il prosieguo della carriera lo conoscono un po’ tutti: da bomber di provincia quale era, Hübner trovò pianta stabile nel massimo campionato, giocando anche nel Piacenza (con la cui maglia si distinse vincendo, a pari merito con Trezeguet, la classifica marcatori), nell’Ancona e nel Perugia. Ma nella nutrita schiera degli “arrivati tardi” ci sono anche Zampagna, Riganò, Moscardelli. Tutti centravanti che hanno dovuto aspettare un bel po’ prima di spiccare il volo anche in Serie A.

Per certi versi questo discorso vale anche per Francesco Caputo, 31 anni compiuti ad agosto. Diversamente dai sopracitati, l’attaccante pugliese aveva già esordito in A nel 2010, quando aveva 23 anni, con la maglia del Bari. Non fu una stagione particolarmente esaltante per “Ciccio”: il 28 novembre arrivò il primo gol in Serie A (in Bari-Cesena 1-1) ma durante la sessione invernale del calciomercato fu ceduto in prestito al Siena, che quell’anno giocava in B. Anche la stagione successiva, pur tornando alla casa madre, dovette disputare la serie cadetta. Con la maglia del Bari Caputo cominciò a segnare assiduamente, trovando per due volte la doppia cifra (17 reti nel 2012/13). Poi, nel 2015, il passaggio alla Virtus Entella e le due stagioni da assoluto protagonista in Liguria, con 80 presenze e 35 marcature. La svolta, però, è arrivata nell’estate 2017: Caputo sceglie di sposare il progetto di rifondazione dell’Empoli, appena retrocesso dalla Serie A. È una scelta forte, perché decide di dire no al suo mentore Faggiano, che lo voleva a Parma, per accasarsi in Toscana. La stagione in azzurro è fantastica: non solo riporta l’Empoli nella massima serie dopo un solo anno di purgatorio, ma conquista la classifica dei cannonieri.

Il suo impatto è devastante anche in Serie A. Dopo quindici giornate si conferma marcatore principe dell’Empoli con otto reti. E si inserisce nei piani alti della classifica cannonieri, a tre lunghezze dal primatista Piątek e a due da Immobile e Cristiano Ronaldo. Otto reti, come Icardi e Quagliarella, due attaccanti che hanno già superato quota 100 reti complessive in A. E se avesse realizzato i due calci di rigore falliti (contro Roma e Atalanta) avrebbe già raggiunto la doppia cifra. Per comprendere meglio la precisione di Caputo e la sua incidenza effettiva, possiamo scomodare anche qualche dato statistico. L’attaccante dell’Empoli segna praticamente un gol ogni quattro tiri fatti, visto che ha esattamente il 25% di realizzazione rispetto alle conclusioni tentate. Dell’élite solamente Icardi ha fatto meglio (29,6%), mentre Piątek (23,9%), Quagliarella (23,5%), Immobile (21,7%) e CR7 (13,5%) hanno una media inferiore.

L’adagio secondo cui “chi segna nelle categorie inferiori segna tanto anche in Serie A” sembra calzare a pennello a Ciccio Caputo. Chi di mestiere fa il goleador, chi per il gol vive, ha un DNA speciale. E questo DNA vale in ogni categoria, anche contro difese sulla carta più preparate. Dopo aver realizzato decine di reti in B, la punta di diamante dell’Empoli ha dimostrato di sapersi far valere anche nel palcoscenico più difficile. Ormai Caputo si è preso la Serie A a suon di gol ed è entrato nel club di coloro che, pur diventandone protagonisti a 30 anni suonati, hanno lasciato il segno. E allora la domanda nasce spontanea: perché un giocatore come lui è riuscito a ritagliarsi uno spazio da protagonista solo da ultratrentenne? Tra tardiva maturazione e miopia degli addetti ai lavori la risposta sta sempre nel mezzo. Ma i dubbi sull’ennesima cantonata presa dal mondo del calcio italiano, che troppo spesso di lascia affascinare dal nome esotico e convincere da procuratori ammanicati, rimangono. Inesorabili.

 

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Simone Galli