Una vergogna. Senza se e senza ma. Le foto dei muri imbrattati a Firenze in occasione della partita contro la Juventus hanno fatto il giro del mondo e sono state stigmatizzate da tutti. Come è naturale che sia, visto che le scritte erano profondamente offensive della memoria di Gaetano Scirea e delle persone scomparse nel disastro dell’Heysel del 1985. Ancora una volta si è persa la dimensione della rivalità, quella accesa ma anche rispettosa dell’avversario. Perché si può essere “nemici” in campo o sulle tribune, ma mai si deve scadere nell’antagonismo becero e vigliacco.
Si sono levati cori di scuse nei confronti della famiglia Scirea e della Juventus che, nella persona di capitan Chiellini, aveva lasciato un mazzo di fiori sotto la Curva Fiesole per omaggiare il povero Davide Astori. Anche da parte della città di Firenze, con il sindaco Nardella che ha voluto precisare che chi ha compiuto il gesto è un nemico, non un tifoso della Fiorentina. E che quel murale non qualifica un’intera tifoseria. Tutto giusto, le scuse non sono mai sbagliate. E indubbiamente le scritte sono opera di un paio di cerebrolesi, non di tutta la Curva. Ma ai fatti devono seguire i comportamenti. Perché altrimenti sono solo parole gettate in aria, che il vento prende e si porta via. Non è infatti la prima volta che l’Heysel viene utilizzato come offesa nei confronti della Juventus, con i continui richiami al “-39” e i cori che, stavolta dentro lo stadio, inneggiano al Liverpool e alla strage dell’85.
Ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Gli stessi tifosi della Juventus, che ieri si sono indignati giustamente, sono stati al centro delle polemiche per una serie di striscioni nei confronti della tragedia di Superga. Nel 2014, in occasione del derby contro il Torino, vennero esposte scritte come “Quando volo penso al Toro” e “Solo uno schianto”. La Juventus pagò 25.000 euro di multa a anche allora ci furono le scuse e gli smarcamenti della società, con il presidente Andrea Agnelli che twittò “No agli striscioni canaglia”. E ancora prima, nel 2013, contro la stessa Fiorentina, spuntò lo striscione “Prima l’Arno, poi il mostro, oggi noi per sterminare la vostra lurida razza”, con chiare allusioni all’alluvione che nel 1966 devastò Firenze e alla serie di omicidi compiuti dal Mostro di Firenze.
Qui non siamo di fronte a un problema che affligge una sola tifoseria. Sarebbe anche più semplice da estirpare, se fosse così. Invece è un problema generalizzato, che ha radici ben profonde e che coinvolge tantissimi tifosi. Perché inneggiare a una tragedia per sfottere l’avversario? Perché scadere nell’insulto più ignobile, quello di prendersela con i morti, per giunta innocenti? Una spiegazione logica non c’è. D’altronde, in questi comportamenti, non c’è nulla di logico. Se la coscienza contasse ancora qualcosa, certi striscioni non verrebbero nemmeno esposti e certi cori nemmeno intonati. Come dicevamo sopra, devono cambiare i comportamenti. Radicalmente. Perché dopo le scuse vanno bene, ma se servono solamente a “pararti il sedere” e ad evitare conseguenze, allora non hanno nessun valore.