La violenza sulle donne va combattuta in (qualunque) campo
In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, la Lega di Serie A si è impegnata per promuovere la campagna #unrossoallaviolenza insieme alla associazione WeWorld Onlus: durante il prossimo turno di campionato tutti i calciatori, le calciatrici e gli arbitri scenderanno in campo con un segno rosso sul viso. A questa iniziativa si è associata anche la Lega Nazionale Dilettanti, che farà osservare lo stesso comportamento anche nella Serie D maschile e in tutte le gare dei campionati di Serie C femminile in programma sabato 24 e domenica 25 novembre.
L’iniziativa è stata presentata da Gaetano Miccichè, Presidente Lega Serie A, e da Marco Chiesara, Presidente WeWorld Onlus, insieme alle madrine Rossella Brescia, danzatrice, conduttrice televisiva, attrice e speaker radiofonica, e Regina Baresi, capitano dell’Inter Women, commentatrice televisiva e promotrice del movimento femminile nel calcio italiano. Prima del calcio d’inizio delle partite i capitani delle squadre leggeranno il messaggio della campagna.
Un segno rosso sul viso per riflettere su un tema così drammatico e pure così vicino ad ognuno di noi, la violenza sulle donne. Un tema che però si ripropone con ancora più forza oggi, visto l’episodio successo a Roma con l’aggressione al giovane arbitro Riccardo Bernardini a San Basilio. Riccardo è tuttora ricoverato in osservazione al policlinico Umberto I e, come dice il Presidente dell’AIC Damiano Tommasi, “non aver ancora individuato gli aggressori a distanza di una settimana è il segnale che il problema non è solo di chi ha commesso il gesto, ma anche di quelli che vivono l’ambiente e che non condividono probabilmente la condanna e la denuncia di questi episodi”.
In questa occasione vale la pena ricordare due gravissimi episodi di violenza capitati ai danni di donne che arbitravano due eventi sportivi, Elena Proietti e Maria Beatrice Benvenuti.
Parliamo prima di Elena Proietti: 7 dicembre del 2014, Real Quadrelli-Trevana, gara di Prima categoria di calcio maschile. Elena va a soccorrere un un calciatore rimasto a terra infortunato quando viene colpita da un pugno alla tempia sferrato dal giocatore di casa Narciso Egwu. Elena raggiunge gli spogliatoi e sviene: ricoverata in ospedale, scoprirà due settimane dopo di aver perso la vista e l’udito dal lato destro. Ad agosto del 2016 arriva a casa la richiesta di archiviazione da parte della giustizia ordinaria perchè per il GIP il gesto non è stato volontario: per la giustizia sportiva, invece, il giocatore è colpevole e riceve 5 anni di squalifica e 3 anni di Daspo. E l’AIA? “Nessuno dall’Aia si è fatto vivo in quei giorni che ero in ospedale. Abbandonata. Sono stata risarcita dall’assicurazione ma per il resto nessun gesto, né una parola di solidarietà. L’unica cosa che mi è stata chiesta è stato il referto di gara per il giudice sportivo mentre io ero ricoverata in ospedale”. Dopo che la vicenda è tornata nuovamente a galla durante la trasmissione “Non è l’Arena” di La 7, condotta da Massimo Giletti, sono arrivate le scuse e la piena solidarietà da parte dell’AIA nella figura di Marcello Nicchi. Scuse arrivate con SOLO quattro anni di ritardo.
Parliamo ora di Maria Beatrice Benvenuti: 11 dicembre del 2016, Vicenza-Valsugana, gara di Eccellenza di rugby maschile. Durante l’incontro l’oriundo argentino Bruno Andrés Doglioli, in preda a un raptus, si avventa contro Maria Beatrice caricandola come un toro alle spalle e stendendola violentemente al suolo. Maria Beatrice stoicamente porta lo stesso a termine la gara: ricoverata nella notte in ospedale, scopre di avere due costole rotte, protrusioni discali a livello cervicale e ecchimosi estese su tutto il corpo. Doglioli viene prima squalificato per tre anni (il massimo possibile) dalla Procura Federale e poi radiato a vita dopo il ricorso presso la corte d’appello della FIR da parte della Procura stessa. Nel referto si leggerà che, dopo due cartellini gialli per antigioco, Doglioli abbia chiesto ai compagni di “farsi giustizia da soli” e abbia caricato l’arbitro, senza scusarsi o assicurarsi del mio stato successivamente. Le scuse da parte del giocatore arriveranno solo dopo, con un comunicato ufficiale del Vicenza, ma nessuno ha mai avuto il coraggio di stigmatizzare l’aggressione di Maria Beatrice. E anche lei sta aspettando ancora delle risposte da parte della Federazione Italiana Rugby.
Questi episodi mostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che qualcosa non va, non solo in campo calcistico ma anche in quello della palla ovale, se la stessa Benvenuti dice che “negli ultimi tempi anche i genitori dei giocatori di rugby danno segnali preoccupanti”. La realtà della violenza gratuita, soprattutto contro le donne, va combattuta senza sosta e senza quartiere. Altrimenti ne verremo sommersi e non ci sarà più niente da fare.