Novantatré minuti di dominio quasi totale, con un gioco convincente e piacevole, ma anche la solita, dannata fatica nel trovare il gol. Quella contro gli Stati Uniti sembrava destinata a trasformarsi nell’ennesimo, frustrante 0-0 dell’era Mancini sulla panchina dell’Italia, il secondo consecutivo dopo quello contro il Portogallo contro cui si sono frantumati i sogni della qualificazione alla fase finale di Nations League. Poi, all’improvviso, è arrivato il lampo decisivo, all’ultimo secondo come contro la Polonia un mese fa: una fitta rete di passaggi permette a Politano di inserirsi in area di rigore e l’esterno nerazzurro riesce finalmente a gonfiare quella rete quasi stregata per gli Azzurri. 1-0, triplice fischio di Çakir e sui volti di tifosi, giocatori e staff torna il sorriso a stemperare la tensione accumulata fino a quel momento. Il 2018 dell’Italia, l’anno dei Mondiali mancati, si chiude con una vittoria meritata, convincente nel gioco, ma che porta dietro sé i soliti problemi che questa squadra non riesce a risolvere in fase realizzativa. Nemmeno cambiando gli interpreti.
Come promesso, Mancini ha deciso di sperimentare, confermando pochi titolarissimi e lanciando dal 1′ diversi volti più o meno nuovi, alla ricerca di elementi in grado di rendere ancora più completa la futura rosa azzurra. Il livello dell’avversaria, lontana dagli anni più brillanti di circa un decennio fa e di fatto strettamente dipendente dalle giornate dell’unico giocatore di buon livello Pulisic, permetteva d’altro canto di provare con discreta libertà quanto studiato in allenamento. E, in effetti, l’Italia ha giocato un buon calcio per quasi tutta la gara, confermando le piacevoli trame di gioco che partita dopo partita si stanno consolidando.
È soprattutto il centrocampo ad aver brillato, anche senza il regista “ufficiale” della squadra, Jorginho: Barella è stato il solito motorino del centrocampo azzurro, Verratti si sta divertendo di più (come ammesso dallo stesso ragazzo a fine partita) e con la mente più leggera dimostra di saper giocare con eleganza, imbeccando con continui assist i compagni, mentre Sensi ha bagnato l’esordio in Nazionale con una prestazione lucida, precisa, frutto del buon lavoro che sta facendo con De Zerbi. Servirà un avversario di maggior livello per conoscere l’effettivo valore di questo trio, ma se Mancini voleva trovare delle alternative in caso di assenza di gente come Jorginho e Pellegrini, dalla gara di ieri sera esce con più di una risposta confortante.
Tanto lavoro in mezzo al campo, tanti passaggi (ben 775 contro i 271 degli americani) e possesso palla belli da vedere, eppure, ancora una volta, così tristemente inconcludenti. Lasagna e Berardi hanno preso il posto di Immobile e Insigne, nel corso del secondo tempo sono subentrati anche l’uomo a sorpresa di queste convocazioni, Grifo, e il giovanissimo Kean che hanno provato (con anche discreti risultati) a vivacizzare la manovra, ma la sostanza non è cambiata: i gol non arrivano. Non è più una questione di sfortuna o necessità di sbloccarsi: l’attacco non riesce a incidere e, soprattutto, non ha ancora trovato una punta davvero di peso. A marzo dovrebbe tornare a prendere quella posizione il “falso nueve” Bernardeschi, ma un attaccante vero serve come il pane a questa squadra. Chi sarà il prescelto di Mancini tra qualche mese sarà tutto da scoprire.
Fortuna che, stavolta, l’intuizione giusta è arrivata, regalandoci almeno un sospiro di sollievo in un’annata già complicata, dentro e fuori dal campo. Politano ha fatto in tempo a scendere in campo a 5′ dalla fine e a firmare comunque la rete decisiva: con rabbia, voglia di attaccare lo spazio e rompere la maledizione del gol, con la sua prima marcatura in Azzurro. In effetti, mancava solo la soddisfazione in Nazionale per coronare un periodo d’oro, in cui l’ex Sassuolo è passato da potenziale flop del mercato estivo a elemento fondamentale dell’attacco della sua Inter. Politano sta bene, è cresciuto tanto in nerazzurro sin da agosto, ma sta anche dimostrando di avere le qualità giuste per sfondare ad alti livelli. Mancini ha fatto bene a portarlo con sé a questo giro e probabilmente avrebbe meritato una chance dal 1′, magari al posto di un Chiesa pericoloso solo a fasi alterne ieri sera. Poco importa, le prime pagine dei giornali sono comunque tutte per l’esterno romano. Arrivato, a 25 anni, forse nel momento giusto per provare a spiccare il volo.