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Di Carlo e la missione del cuore: riscoprire lo spirito da Chievo

La vicenda plusvalenze, l’addio definitivo di Rolando Maran, la partenza di colonne come Dainelli, Gobbi, Gamberini e Castro: l’estate del Chievo è stata caldissima. Il presidente Campedelli e il direttore sportivo Romairone si sono trovati a lavorare maggiormente con gli avvocati che con gli agenti dei calciatori e, a quanto pare, le conseguenze e gli strascichi sembrano essere più gravosi del previsto.

L’inizio di campionato è disastroso: 2 punti in 8 partite ed esonero per D’Anna. A quel punto, per svoltare la stagione, l’arrivo di Ventura. Altra ecatombe: il tecnico ligure si dimette dopo solo 4 partite, avendo conquistato soltanto 1 punto. Ecco che, trascinato dalla rabbia del proprio capitano, tutto l’ambiente si unisce contro l’ex CT, accusandolo di arrendevolezza e di leggerezza. L’urlo social di Pellissier, probabilmente, è seguito parallelamente da quello non appariscente del presidente Campedelli, che a quel punto sceglie di affidare la panchina a un uomo che ama la Diga: Mimmo Di Carlo.

Di Carlo ha già occupato la panchina degli scaligeri per ben 118 volte e, in questo momento, rappresenta la spinta di orgoglio che il presidente Campedelli ha ritenuto indispensabile iniettare. All’ambiente, alla rosa, ai tifosi, alla società. La centralità di Pellissier, mai domo e sempre in prima linea, e l’arrivo di Di Carlo, legatissimo alla tifoseria e alla maglia gialloblù, potrebbero riaccendere quel fuoco che questa squadra ha smarrito nel corso degli ultimi mesi. Quel fuoco che è garanzia di permanenza in Serie A e di solidità del progetto calcistico di chi circonda la Diga. Questo, quantomeno, pare essere l’intento: dare una svolta ai mesi bui, duri e infiniti che il mondo Chievo sta vivendo.

La conferenza stampa di  presentazione del tecnico laziale ci ha rivelato proprio quanto scrivo. Di Carlo ha parlato di spirito guerriero, non solo dai giocatori, ma da tutti: dal presidente, dai tifosi, da chiunque segua il Chievo. E poi, inoltre, una citazione particolare per l’identità, per il ritornare all’anima singolare della società clivense: «Cosa serve? Ritrovare lo spirito d’appartenenza e compattezza sia fuori che dentro il campo. E giocare ogni partita con coraggio. Con uno spirito da Chievo. Perché questa maglia è magica.» Ma non si è accontentato, il guerriero Mimmo, e ha voluto spendere alcune mirate parole anche per i tifosi, spesso accantonati nell’ultimo periodo di difficoltà, ma soprattutto in pieno stato di delusione dopo la disavventura-Ventura: «I tifosi devono sapere che qui c’è un allenatore che non mollerà di un centimetro fino alla fine. So che è una sfida impegnativa ma è una di quelle che mi piacciono. Soprattutto se si combattono insieme. Tutti. Giocatori, tifosi, giornalisti.» Le parole utilizzate e il modo con cui sono state dette hanno una tecnica politica: toccare i giusti tasti, esplicitare gli obiettivi, elencare il programma d’azione, includere chi è rimasto ai margini e protesta.

Il tentativo è chiaro: Mimmo Di Carlo non è arrivato al Chievo per salvarlo. Chiaramente, la società e l’allenatore faranno di tutto perché la rimonta avvenga, ma non è il nocciolo della strada intrapresa. Mimmo Di Carlo è tornato al Chievo perché a questo ambiente, immerso nella confusione totale, serve riscoprire se stesso. Il sodalizio gialloblù, in tutte le sue componenti, necessita di una scossa identitaria, di una ritrovata consapevolezza dei propri limitati mezzi economici e tecnici, compensabili solo con lo “spirito da Chievo”. Il lavoro intrapreso da Di Carlo è arduo, ma è già cominciato, proprio in conferenza, davanti a tifosi e giornalisti. Chi meglio di un combattente innamorato del Chievo come lui potrebbe provare a domare le redini di una società allo sbando?