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Roma, non è crisi ma (al momento) solo involuzione

Inutile negarlo, ci aspettavamo un po’ tutti un qualcosa in più dalla Roma quest’anno: dopo il terzo posto della passata stagione, la base di partenza pareva abbastanza buona e dopo aver raggiunto la semifinale di Champions League ci si aspettava dagli uomini di Di Francesco il salto di qualità anche nel massimo campionato italiano.

Finora così non è stato, i giallorossi occupano per ora la nona posizione in classifica con 16 punti all’attivo e spesso sono stati protagonisti di prestazioni non all’altezza delle aspettative, basti pensare alla sconfitta interna con la Spal o al clamoroso pari per 2-2 subito in rimonta dal ChievoVerona, una delle squadre che si è contraddistinta negativamente in queste prime undici partite.

Parlare di crisi, in questo momento, appare un po’ fuori luogo, considerando anche le buone prove offerte in Champions League: piuttosto si potrebbe far riferimento all’involuzione subita dai capitolini, che han fatto almeno due passi indietro rispetto allo scorso anno.

Ciò è stato causato in primis dalla rivoluzione attuata in sede di calciomercato estivo, che a fronte di alcune cessioni (Alisson, Nainggolan e Strootman) ha portato in casa Roma diversi volti nuovi, alcuni incompatibili col 4-3-3 di Di Francesco, che si è trovato costretto a cambiar modulo e a passare al 4-2-3-1: assetto tattico questo che permette di valorizzare alcuni dei nuovi arrivati ma che per ora non sta dando i frutti sperati, in quanto la squadra non riesce a dare ampiezza alla manovra, essendovi di fatto un uomo in meno in mezzo al campo, e costringendo spesso Džeko ad abbassarsi per innescare i terzini Kolarov e Florenzi, come accaduto sabato scorso contro la Fiorentina in occasione del gol del pari.

A questo bisogna aggiungere due dei problemi già visti lo scorso anno: la mole di gioco creata non è sufficiente a creare sufficienti palle gol per lo stesso Džeko, che è sì un centravanti molto forte ma sotto porta è spesso impreciso, in più la Roma è molto bloccata psicologicamente, in quanto quando non segna sembra non riuscire a esprimere un buon gioco offensivo mentre dopo aver trovato il primo gol sembra esprimere un calcio di livello superiore.