Hanno fatto molto rumore le parole di Sergio Ramos indirizzate ad Antonio Conte in settimana: il capitano del Real ha affermato che il rispetto si guadagna, non si impone e che lo spogliatoio conta più di un allenatore. Parole sante, se solo fossero in un contesto generale e non indirizzate a uno specifico tecnico. Il difensore dei blancos, con le sue affermazioni, ha praticamente sbattuto la porta in faccia all’allenatore salentino, mandando un messaggio forte e chiaro al proprio presidente: i senatori delle merengues non gradiscono questa soluzione. Le referenze riportate (probabilmente) da alcuni compagni di nazionale di Ramos, come Diego Costa, Pedro e Morata, con ogni probabilità non sono state tra le migliori e per questo motivo il capitano del Real ha deciso di fare una delle cose che gli riescono meglio, giocare d’anticipo.
Con la partenza di Cristiano Ronaldo e Zidane lo spogliatoio del Real Madrid sembra diventato una polveriera: in estate anche Modrić voleva cambiare aria, le voci su un Marcelo in trepidante attesa di raggiungere il suo ex compagno CR7 non smettono di circolare, ora quest’uscita sopra le righe di Ramos. L’aria che tira al Bernabeu è quella della fine di un ciclo, un ciclo meraviglioso e difficilmente ripetibile ma che pare essersi consumato tutto d’un tratto, in maniera eclatante e inaspettata. In questo senso Conte avrebbe potuto davvero essere l’allenatore perfetto per i blancos: lui è uno che di ricostruzioni se ne intende, basti vedere il capolavoro effettuato con la Juventus. Eppure il suo stile militaresco mal si sposa con un gruppo di primedonne come il Real Madrid, composto da giocatori dalla spiccata personalità che non ci stanno a essere trattati alla stregua di scolaretti qualsiasi.
Conte al Real Madrid avrebbe avuto senso solo se ci fosse stata un’epurazione di massa, solo se Pérez avesse deciso di ripartire quasi da zero, puntando sui giovani per aprire un nuovo ciclo, scenario che difficilmente vedremo in una società come il Real. La presenza di Sergio Ramos, in particolar modo, sembra essere parecchio ingombrante: il difensore spagnolo è noto per il suo carattere forte e probabilmente il fatto di aver vinto così tanti trofei nell’ultimo decennio lo fa sentire in diritto di rappresentare la società madrilena nella sua totalità. A nostro avviso questo gruppo avrebbe ancora molto da dare e potrebbe raggiungere traguardi importantissimi se solo si riappropriasse di una dote che, al momento, non gli appartiene: l’umiltà.
Conte, con i suoi metodi, sarebbe probabilmente in grado di tirar fuori il 110% da questi atleti se solo avesse la fiducia in toto del gruppo. E questo è il suo grosso limite: la personalità di Conte deve prevalere su tutte le altre, il profilo di tutto l’ambiente deve essere basso, in poche parole le superstar non sono ben accette. Per parafrasarlo, l’ex allenatore del Chelsea vuole calciatori da 100 euro che si comportino come giocatori da 10 euro, e questo è alquanto utopistico. Conte è un motivatore e non un gestore e i grandi campioni che si affacciano ai trent’anni (o che li hanno già superati) non gradiscono tecnici di questo tipo. Conte necessita di un’evoluzione nel suo modo di allenare, pur mantenendo le sue caratteristiche (grazie alle quali è diventato un grande tecnico), se vorrà un giorno sedersi nel famoso ristorante da 100 euro. Al Real, invece, c’è bisogno di tornare con i piedi per terra, mettere da parte l’arroganza e la supponenza e lavorare sodo: non basta aver vinto 4 delle ultime 5 Champions League per arrivare nuovamente in fondo alla competizione. Soprattutto con un Ronaldo in meno in rosa.