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Una Lazio da Champions a cui manca l’X-Factor

Non abbastanza “big” per occupare stabilmente le prime pagine dei giornali come Juventus, Napoli o le milanesi, ma nemmeno una sorpresa meritevole di applausi per l’inconsueta posizione occupata in classifica come Sampdoria e Fiorentina. La Lazio di questa stagione, nonostante una partenza tutt’altro che negativa, sembra essersi ritrovata improvvisamente in una sorta di limbo mediatico, quasi dimenticata da giornali e trasmissioni. Un silenzio forse legato ai risultati negativi ottenuti dai biancocelesti soprattutto nei big-match, persi finora in tutte le occasioni (Napoli, Juventus e derby) e che sembravano aver ridimensionato gli obiettivi stagionali di una squadra che solo qualche mese fa era a un passo dalla qualificazione in Champions League. Ma che, tutto sommato, potrebbe essere tornato utile a Inzaghi per iniziare a lavorare con qualche pressione esterna in meno e puntare a conquistare più vittorie possibili in tutte le altre gare.

E, in effetti, se è vero che il gioco della Lazio ancora non fa certo brillare gli occhi dei tifosi italiani, è altrettanto vero che i risultati hanno premiato il lavoro dei biancocelesti, bravi ad approfittare concretamente di tutte le occasioni avute nelle ultime uscite: 18 punti guadagnati e un quarto posto in classifica da non sottovalutare con una media punti, per il momento, leggermente superiore a quella della scorsa stagione (2 punti a partita contro 1.89). Successi ancora più importanti se si pensa che Inzaghi, in questa stagione, non ha ancora potuto godere del sostegno di due assoluti protagonisti dello scorso anno come Luis Alberto e Milinković-Savić, inspiegabilmente ancora sottotono e le cui giocate stanno tanto mancando nelle manovre biancocelesti. I numeri da capogiro del duo, capaci di realizzare assieme 26 reti e 35 assist in tutte le competizioni della scorsa stagione, restano per il momento un lontano ricordo. Ed è così che mister Inzaghi ha dovuto cominciare a puntare su altri elementi della propria rosa, tra vecchie conferme e nuovi innesti arrivati in estate.

La vittoria ottenuta domenica sul campo del Parma, in qualche modo, rappresenta l’emblema del momento dei biancocelesti: una prestazione non certo esaltante sul piano del gioco, ma solida difensivamente e pratica quanto necessario. Nel reparto arretrato si è distinto ancora una volta Acerbi, che partita dopo partita si sta conquistando la fiducia di tifosi, compagni e allenatore, nell’arduo compito di sostituire de Vrij, mentre in avanti Immobile si è confermato la grande certezza della squadra, realizzando una rete (la settima in tutte le competizioni) e l’assist per il secondo gol di Correa. Ma ciò che sta apprezzando maggiormente Inzaghi è la grande voglia messa in campo dalle seconde linee: da Berisha, sempre più integrato nel centrocampo biancoceleste, fino a Caicedo e Correa, che iniziano a scalpitare per un’occasione da titolari. E considerata la prestazione anonima di Luis Alberto domenica pomeriggio, è probabile che qualcosa sarà cambiato già a partire dalla prossima gara di campionato.

Eppure i biancocelesti hanno due facce ben distinte: sono grandi con le piccole e piccoli con le grandi. In 11 partite disputate tra Serie A ed Europa League la Lazio ha collezionato 7 vittorie e 4 sconfitte, con la casella dei pareggi ancora a 0. Nell’era dei 3 punti il segno X ha perso valore perché muove di poco la classifica, infatti un pareggio contro una squadra poco blasonata equivale quasi a una sconfitta. Non ha alcun rammarico in questo senso Simone Inzaghi, perché i suoi ragazzi sono stati un autentico carrarmato contro le piccole: in sequenza Frosinone, Empoli, Apollon, Genoa, Udinese, Fiorentina e Parma (tutte formazioni di caratura inferiore ai capitolini) hanno dovuto cedere le armi.

Il rovescio della medaglia, però, è preoccupante: quando i biancazzurri si sono trovati impegnati negli scontri diretti, hanno sempre fallito. Napoli, Juventus, Roma ed Eintracht Francoforte: un bottino di 0 punti in 4 partite che deve far riflettere Inzaghi. Esclusa la formazione tedesca, Napoli, Juventus e Roma sono tre delle quattro squadre che hanno preceduto in classifica la Lazio lo scorso anno. La rosa dei biancocelesti probabilmente non è all’altezza delle tre rivali, ma in questi casi il tanto bistrattato pareggio assume un valore molto più alto: non è tanto il punticino che ci si porta a casa che conta, quanto i due punti in meno che si mettono in tasca le dirette concorrenti. In una corsa lunga come il campionato saper reggere l’urto negli scontri diretti, anche quando si è sfavoriti, può davvero fare la differenza.

Domani la Lazio si presenta a Marsiglia da seconda forza del girone e un eventuale primo pareggio stagionale sarebbe prezioso per i biancocelesti: non perdere in Francia dovrà essere la priorità per giocarsela successivamente in casa, senza l’ansia di dover vincere a tutti i costi che si creerebbe in caso di sconfitta al Vélodrome.

Lunedì, poi, è una di quelle date cerchiate in rosso sul calendario al momento dei sorteggi: all’Olimpico si presenta l’Inter, un punto avanti in classifica rispetto ai capitolini. Un’Inter che stasera si godrà una serata stellare al Camp Nou, una serata che avrebbe potuto appartenere alla Lazio, ma così non è stato. E ripensando a quel 2-3 del 20 maggio all’Olimpico, a quella classifica conclusa a pari punti, a quel pareggio sfumato nel finale che avrebbe potuto cambiare la storia recente della Lazio arriviamo a una semplice conclusione: Inzaghi e i suoi, nel lungo cammino di questa stagione, avranno bisogno anche dell’X-Factor.