Ancora uno stop per Del Potro, stavolta sarà difficile ripartire
Una caduta da cui non sarà facile rialzarsi quella di Shanghai, nonostante lui ci abbia già abituato ai miracoli. Un miracolo è infatti, l’intera vita agonistica, o meglio sopravvivenza, di Juan Martin Del Potro, un predestinato incorso in un destino infausto di infortuni e numerosi ostacoli. Tribolazioni ad entrambi i polsi che non solo gli hanno causato lunghi stop, ma che lo hanno costretto ad imparare di nuovo il gioco del tennis. Poteva diventare una carriera stroncata agli albori quella della Torre di Tandil, che a vent’anni, prima del calvario, era uno dei talenti più luminosi del circuito insieme a Murray e Djokovic. Mentre metteva in bacheca il suo primo Us Open nel 2009, tenendo a bada Nadal e poi Federer in finale, già pregustava un futuro luminoso ai vertici, non immaginando che quello sarebbe stato fino ad ora l’unico acuto major. E il pianto settembrino di Flushing Meadows, dopo la finale persa quest’anno contro Nole, assume solo ora una drammaticità più profonda, perché si pone come ultimo sbarramento ad una risalita che dopo le operazioni chirurgiche lo aveva portato ad un passo dalla gloria. Una gloria che alla fine si era preso al di là dei titoli, nonostante a tratti non fosse più devastante come prima, conquistando tutti per la sua tenacia inaudita e la voglia di non mollare mai. Un’indole con cui aveva ottenuto il suo best ranking quest’estate, dopo i saliscendi della vita. Da New York 2009 a New York 2018, dalla Coppa Davis 2016, alla frattura della rotula destra in Cina contro Coric.
Nessuno si aspettava forse un referto medico così impietoso. Tanto che dopo l’infortunio Delpo aveva provato ad andare avanti. Poi, passato qualche giorno, lo sconforto e la sorpresa manifestati via social, all’orizzonte una nuova battaglia che il campione argentino non sa ancora se vorrà affrontare. Ricominciare da capo a trent’anni, perché questa nuova sventura non gli costringerà a saltare solo le Finals, come all’inizio si era pensato.
Le parole in questi giorni devono essere prese con le pinze. Così come i messaggi di incoraggiamento e solidarietà dovranno rispettare il riserbo di un uomo che sta vivendo l’ennesima tragedia sportiva. Tutti gli appassionati lo vorrebbero vedere esultare e festeggiare il suo secondo slam e se ci fosse un riconoscimento alla carriera lui lo meriterebbe di sicuro. Per adesso bisognerà aspettare.
Ed il bel trionfo di Indian Wells contro Federer rischia, comunque,di essere il suo ultimo acuto. Il primo ed ultimo Masters 1000 anche qui, quello che invece è stato l’apice di una stagione in cui Del Potro se l’è giocata con i migliori. Il gradino inaugurale di una scalata che avrebbe potuto condurlo al successo, sulla sua superficie preferita, nel suo torneo preferito: lo Us Open.
Ma a settembre, dopo un percorso solido ed a tratti entusiasmante, dopo il ritiro di Nadal in semifinale che gli avrebbe risparmiato ore di battaglia, è apparso scarico all’appuntamento con la storia. Nell’ultimo atto contro Djokovic, Delpo non è stato competitivo o semplicemente il serbo è stato troppo preciso, anche lui ritornato in auge ed assetato di trionfi dopo mesi di tribolazioni.
Ed ecco che le lacrime inconsolabili dell’Arthur Ashe, la delusione che sembrava disperazione, il vaticinio di Nole che nel riconoscere i meriti dello sconfitto gli aveva pronosticato un trionfo slam nel 2019, si caricano di nuove sfumature. Più nere che grigie.
Il futuro è nebuloso, si spera di intravedere uno spiraglio di luce in una storia, quella di Del Potro, che sembra una favola se non fosse per l’ultimo capitolo che la trasforma in una tragedia. A meno che questo non sia l’ultima sentenza, ma l’ennesima tappa di un percorso che non può non deve finire così.
L’arrendevolezza che anomalamente traspare dai messaggi lanciati nelle ultime ore è di matrice prettamente psicologica. Del Potro ed il suo staff medico hanno optato per una terapia conservativa. Non dovrebbe esserci dunque l’ennesima operazione della carriera. L’auspicio è quello di vederlo in campo,dopo gli Australian Open, con la stessa voglia di non mollare un punto, con la stessa aspirazione di risalire, ancora una volta.