Home » Milan, eppur (qualcosa) si muove

La strada, ora, sembra quella giusta, presto la prova del nove per verificare fin dove può arrivare questo Milan. E come in ogni copione di un certo livello, il momento della verità coincide con un appuntamento particolare: sarà il derby, dopo la sosta, a testare infatti la scorza delle milanesi, la stracittadina a tracciare la linea di confine tra prospettive mediocri o ambiziose. Questo vale soprattutto per i rossoneri, tenuti a galla da Higuaín all’inizio di un campionato difficile. All’alba di una nuova proprietà, di un nuovo progetto, targato Elliot. Un programma per rivalutare una società decaduta per poi probabilmente rivenderla, una strategia che non esclude comunque un epilogo vincente. E le mosse ad oggi sembrano giuste sulla carta, con gli ultimi risultati che adesso fanno sperare, e non più disperare, un’intera sponda del Naviglio.

Organigramma resettato, ritorni importanti per l’immagine e non solo, come Maldini, di qualità, come Leonardo nelle vesti di direttore tecnico. Poi c’è una rosa dalle ampie potenzialità, un Suso che finalmente sembra a proprio agio negli schemi tattici, giovani che crescono, altri che attendono il loro momento, calciatori etichettati come bidoni troppo presto che forse stanno rinascendo. Forse, appunto, perché ora sarebbe prematuro indicare il Milan come una macchina perfetta. Sarebbe azzardato parlare di un Caldara già bocciato, come di un Biglia ritrovato dopo sole due partite di livello.

Ma una cosa è certa in questo momento: la mano di Gattuso si vede eccome. Ringhio ha dismesso i panni del mister difensivista dei tempi del Pisa, la sua creatura ora cerca sempre il palleggio e l’eleganza in uno speciale contrappunto rispetto al suo atteggiamento da calciatore. E bisogna proprio ammetterlo, a volte questo Milan incanta. Vero è che uno come Higuaín, partito a razzo nella sua nuova avventura italiana, fa giocare bene tutta la squadra, ma non si può sminuire il lavoro di tante piccole componenti che rendono il diavolo un profilo molto accattivante, anche se ancora troppo ingenua e malleabile.

Una Sympathy for the devil dunque più che giustificata, se si escludono alcune cadute di stile assolutamente da non sottovalutare e su cui riflettere: piace comunque più questo Milan costruito con la testa, che quello targato Fassone e Mirabelli, quello dei roboanti undici acquisti rivelatosi poi fallimentare. E le suggestioni si addolciscono quando Leonardo riprende a soffiare talenti brasiliani alle grandi d’Europa, proprio come ai tempi di Kaka, Thiago Silva e Pato. Tornano alla mente ricordi vincenti, inevitabile. Allo stesso tempo bisogna volare basso, perché siamo solo all’inizio. Perché Kessié, con tutto il rispetto, non è Seedorf, e tre vittorie consecutive tra campionato e coppa non fanno necessariamente primavera soprattutto se fino al primo tempo del Mapei contro il Sassuolo, il Milan sembrava una nave senza bussola. Le sensazioni, però, sono alla base di ogni sogno di gloria. In un destino che in questo momento potrebbe essere condizionato da ogni minimo spostamento d’aria, un destino che fra qualche giorno potrebbe rivelare davvero le sue intenzioni. E quale migliore occasione che a San Siro, per il primo derby stagionale?