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A chi assomiglia Paquetá?

No, non a Kaka. Sfatiamo questo mito: Lucas Paquetá non è un giocatore alla Kaka. Neanche lontanamente. Le percussioni di Ricardinho non sono doti che Madre Natura ha donato al talento del Flamengo. Paquetá ha altre qualità: protezione del pallone, dribbling, ordine tattico, tiro in porta.

Mancino, ma capace di calciare molto bene anche col destro, il classe 1997 nato nell’Isola di Paquetá, gioiellino incastonato nelle acque di Rio de Janeiro (e che gli ha dato il soprannome, perché in realtà lui si chiama Lucas Tolentino Coelho de Lima), ha uno stile di giocare che è difficilmente paragonabile a qualche grande del passato. Ne abbiamo sentite tante, in questi giorni: “il nuovo Kaka”, “un Suso che tira di più”, “un Neymar meno rapido”. In realtà, com’è ovvio che sia, Lucas Paquetá non ha nulla né, come detto, di Kaka, né di Suso, né – figuriamoci – di Neymar.

Il suo stile di gioco è dettato dal grande talento che possiede, e dall’ordine tattico che sa mantenere durante la partita. Esploso in fretta nel giro dell’ultimo anno e mezzo, cresciuto e confermatosi punto cardine di questo Flamengo nonostante il recente via-vai di allenatori, Paquetá ama tenere palla, ispirare la manovra, soprattutto calciare. Atletico nonostante debba ancora sviluppare del tutto le sue doti fisiche, è energico negli stacchi, ed efficace nei colpi di testa sulle azioni nate da palla inattiva. Il suo ruolo naturale è centrocampista con spiccata tendenza offensiva, ma in quelle tante volte che ho avuto la fortuna di commentare il Flamengo nel Brasileirão, ho notato la grande duttilità che possiede. Oggi, manovra da trequartista nei tre alle spalle della punta nel 4-2-3-1 di Dorival Jr, ma in quest’ultimo anno ha giocato spesso sulla linea dei centrocampisti dettando i tempi, a volte largo sugli esterni per creare spazi, in qualche occasione perfino seconda punta.

Nove gol finora in campionato, in 24 partite: più di una rete ogni tre gare. Due in Copa do Brasil. Sa segnare, batte punizioni e rigori, il mancino è preciso, il destro lo usa con frequenza e disinvoltura: non è uno di quelli che se ha una palla buona sul piede sbagliato perde tempo e se la porta sul piede giusto. Lui tira, comunque, e calcia bene, con destro e sinistro.

L’unico punto di domanda grande così? L’ambientamento: nato e cresciuto su un’isola della meravigliosa, calda, Rio, dovrà sapersi ambientare, a gennaio, nella fredda e nebbiosa Milano. Facendosi nuovi amici, lontano dalla famiglia, abituandosi a un altro tipo di calcio, totalmente diverso da quello (meno ordinato, più veloce) che si gioca in Sudamerica. Ce la farà? Diamogli fiducia: personalità ne ha, è un ragazzo allegro fuori dal campo, esigente e tenace in partita.

Non è Kaka, né il nuovo Neymar: semplicemente, Lucas Paquetá, uno di quelli facenti parte della recentissima generazione d’oro flamenguista, la stessa che ha sfornato Vinicius Jr, Felipe Vizeu, Lincoln. Nessun paragone, solo tanta fiducia e pazienza. Dipendesse esclusivamente dal talento che ha, il Milan avrebbe una nuova stella.