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La scelta di Mancini è pienamente condivisibile: può scoccare l’ora di Cutrone anche in Nazionale

Centravanti cercasi. La ricostruzione della Nazionale italiana da parte del neo commissario tecnico Mancini passa anche per la scelta dell’attaccante centrale titolare. Un ruolo tradizionalmente strategico per il gioco dell’Italia, che nel passato si è affidata a veri e propri campioni: solo per citare i più rappresentativi Gigi Riva, Paolo Rossi, Gianluca Vialli, Christian Vieri, Filippo Inzaghi, Luca Toni erano specialisti assoluti del gol, calciatori in grado di sobbarcarsi il peso offensivo della squadra azzurra. Fulgidi esempi di una Nazionale che, il più delle volte, riusciva a finalizzare il gioco proprio grazie a loro.

Adesso la situazione è un po’ complicata. Non c’è un vero e proprio centravanti “assoluto”, uno in grado di mettere d’accordo tutti riguardo al suo utilizzo. Ci sono tanti buoni giocatori, ma nessun attaccante veramente imprescindibile. Ed è proprio questo il problema principale. La scelta già di per sé non è vastissima, a causa dell’eccessiva presenza degli stranieri nel campionato italiano. In più, i vari Immobile, Belotti, Balotelli, Zaza non sono riusciti a diventare colonne portanti della Nazionale azzurra, soprattutto per loro demeriti oggettivi.

Ecco che allora la scelta di Roberto Mancini di convocare Patrick Cutrone ci sembra saggia e giusta. Non solo per la prolificità del calciatore, che ha dimostrato di essere decisivo con la maglia del Milan, seppur utilizzato quasi col contagocce. Ma perché c’è bisogno come il pane di un attaccante con le sue caratteristiche: forte fisicamente, che attacchi la profondità, che aiuti la squadra a salire. Il 20enne Cutrone può rappresentare il futuro di questa Nazionale e, a nostro avviso, è giusto misurarlo subito, senza aspettare una sua ulteriore maturazione.

Molti ritengono infatti che abbia ancora poca esperienza per sobbarcarsi un ruolo così importante e delicato. Ma quando siamo di fronte a un talento è giusto servirsene, in barba all’età o all’esperienza. In Italia non abbiamo ancora ben capito che la carta di identità conta fino a un certo punto. I talenti ci sono, va solo fatto uno sforzo in termini di coraggio e di intraprendenza. Se sono forti vanno fatti giocare, punto e basta. All’estero – dove sistematicamente troviamo calciatori under 25 con molte presenze in Nazionale – questo l’hanno già capito da un pezzo. E infatti sono molto più avanti di noi quanto a mentalità.