Fabio Celestini verrà presentato, oggi pomeriggio, a Lugano. Il tecnico romando, ma di origini italiane, con un passato da allenatore anche nella Penisola (guidò il Terracina nella stagione 2014/15) torna così su una panchina di Super League, dopo l’esonero dello scorso anno al Losanna. Ieri, di passaggio a Cornaredo per vedere lo stadio e conoscere il proprio staff, ha comunque avuto modo di scambiare alcune parole con i giornalisti della RSI presenti. In serata, la firma del contratto, l’ufficializzazione e una cena a Villa Sassa con il presidente Renzetti. Questa mattina, l’ex nazionale rossocrociato ha guidato il primo allenamento. Con Celestini lavoreranno anche Mattia Croci-Torti (di ritorno da Mendrisio) e Mirko Conte, che avevamo visto più volte in tribuna allo stadio, in questi mesi.
“Sono molto carico, ho una grande voglia di riprendere ad allenare” sono state le sue prime parole con la stampa ticinese, rilasciate alla RSI. “Avevo bisogno di staccare, questa primavera: dopo aver lasciato il Losanna, ho lasciato la Svizzera per un po’ di tempo (la moglie è panamense, e Celestini si è trasferito là per qualche tempo – ndr). Dopo qualche mese di inattività, però, avevo voglia di tornare in panchina e, quando mi è stata offerta questa occasione, non ho esitato neppure un istante. Lugano è una piazza dove si può fare bene. La tattica, gli schemi? Logicamente dovrò conoscere i giocatori: poi farò le mie scelte tattiche sulla base delle loro caratteristiche.”
“Sono consapevole del fatto che allenare non sia facile. Ho comunque sempre avuto un rapporto franco con i dirigenti in passato, scambiando con loro informazioni e pareri. Renzetti è un uomo di calcio, sa di cosa parla: le sue opinioni vanno sicuramente ascoltate. Poi, ovviamente, si può non essere d’accordo, ma anche questo fa parte delle regole.”
Abascal, comunque, ha lasciato un buon ricordo nel gruppo: ieri, parlando con la RSI, il capitano Sabbatini ha espresso il proprio rammarico per l’accaduto, confermando, più o meno, quanto detto, a caldo, domenica pomeriggio, dopo la sfida con il Basilea. Ovviamente, il centrocampista uruguagio ha cercato di rassicurare tifosi e addetti ai lavori sul fatto che l’impegno, da parte sua e dei compagni, sarà massimo.
Intendiamoci: Fabio Celestini è un buon tecnico e, nella rosa dei papabili, dei quali avevamo scritto nei giorni passati, forse la scelta migliore (tanto che non lo avevamo considerato per le possibili pretese economiche). I nostri redattori laziali lo ricordano, nel periodo da lui passato a Terracina, come un marziano per la sua dedizione al lavoro e meticolosità. Nelle passate stagioni, il suo Losanna, in certi momenti, ha giocato un buon calcio. I vodesi, infatti, sotto la guida dell’ex nazionale rossocrociato, hanno mostrato una spiccata attitudine al bel gioco nella stagione della promozione dalla Challenge League (2015/16), vinta a mani basse, ma non solo. La squadra biancoblù, nella massima serie, ha fatto quasi sempre bene, con l’esclusione del catastrofico girone di ritorno dello scorso anno, culminato con l’esonero del tecnico e la retrocessione dei romandi.
Difesa a tre, velocità, affondi e tante reti: il Lugano di Manzo ne subì 4 alla Pontaise, per esempio. Ma nel suo periodo migliore (l’inverno scorso), la squadra vodese infilò cinque volte lo Zurigo che, in primavera, avrebbe vinto la Coppa svizzera, la domenica successiva a un successo (in trasferta) contro i ticinesi. Ma non fu l’unica affermazione di prestigio, per i biancoblù, nel girone d’andata: in Romandia cadde anche lo Young Boys futuro campione svizzero, e i ragazzi di Celestini si presero poi la soddisfazione di violare il St Jacob-Park, oltre a rifilare 4 reti al San Gallo a casa sua. A Lucerna, nella tradizionale festa degli Awards del calcio svizzero di febbraio, nessuno avrebbe collocato i biancoblù all’ultimo posto in classifica alla fine del campionato.
Certamente, conterà molto la capacità, da parte dell’allenatore, di trovare un gioco adatto alle caratteristiche della rosa luganese. I bianconeri hanno molti centrocampisti, alcuni di buona qualità in fase d’impostazione (Piccinocchi, Sabbatini) e altri più bravi in copertura (Vécsei, Brlek, lo stesso Čovilo). Giovani come Abedini e Fazliu non hanno ancora espresso tutte le loro potenzialità. C’è poi il grande rebus della difesa che, quando disposta a tre (lo schema preferito dal tecnico romando), non ha fatto bene.
Quello di Celestini, come scrivevamo sopra, è sempre stato un gioco veloce, fatto di scambi palle a terra e verticalizzazioni. A Losanna, l’allenatore poteva contare su giocatori rapidi e velenosi davanti come Margiotta, Kololli, Ben Khalifa, supportati dietro da centrocampisti pensanti come Campo (oggi al Basilea) e l’ex Chiasso Maccoppi. Fallito, invece, l’inserimento di Simone Rapp, che pure era arrivato in Vaud, lo scorso inverno, con il titolo di capocannoniere provvisorio.
A Lugano, ci sono giocatori con queste caratteristiche (pensiamo a Junior e Bottani), ma (almeno finora) meno performanti. Fatichiamo a vedere inserito in questi schemi uno come Janko: tuttavia, l’austriaco non è certamente un giocatore in grado di fare, almeno in questo momento, tutti i 90′. Di sicuro, le ultime prestazioni hanno dimostrato che, sulle palle ferme offensive (o, comunque, sui traversoni alti in generale), i bianconeri possono fare male: e, per gli avversari, dover controllare più di un giocatore bravo di testa potrebbe diventare un problema. Inoltre, l’austriaco è di quelli bravi a sfruttare le seconde palle in area.
Insomma, sono parecchi gli interrogativi. Di sicuro, domenica i ticinesi saranno di scena a Zurigo contro il Grasshopper, in una partita delicata, dove sarà importante fare risultato per mantenere, quantomeno, invariate le distanze in classifica. Ovviamente, non c’è ancora nulla di decisivo, in questa fase: tuttavia, dal momento che nel fine settimana successivo è prevista una sosta per le nazionali, uscire imbattuti dal Letzigrund, domenica pomeriggio, sarà un passaporto per poter lavorare con più calma nelle prossime settimane, che serviranno all’allenatore per iniziare a plasmare la squadra secondo i propri desideri.
Infine, Renzetti. Il presidente, ieri, ha parlato anch’egli con la RSI, ed è stato anche ospite negli studi di Comano. Ovviamente (e non poteva essere altrimenti) ha difeso le proprie scelte. Per quanto ci riguarda, la di là dei metodi (talvolta discutibili), sono fuori di dubbio la buona fede, la passione e la competenza del massimo dirigente bianconero. Non siamo del tutto d’accordo sul fatto che questo sia in assoluto il miglior Lugano della sua gestione: le capacità realizzative, la solidità e la regolarità del gruppo di Tramezzani restano, sinora, almeno dal punto di vista dei risultati, quanto di meglio visto a Cornaredo in questi ultimi anni.
Tuttavia, è oggettivo che, in rosa, vi siano elementi in grado, in una realtà come quella svizzera, di fare bene. Il problema è che lo stesso giudizio va esteso anche al resto delle compagini: bene o male le abbiamo viste giocare tutte (dal vivo o in televisione) e, a parte lo Young Boys, si può fare risultato (o perdere) con ognuna di loro. Da ciò ne deriva che i ticinesi potrebbero lottare indifferentemente per l’Europa o la retrocessione: a fare la differenza, alla lunga, saranno la regolarità dei risultati.
Alla base della regolarità, c’è un ambiente tranquillo. A Renzetti va dato atto di avere quasi sempre indovinato le scelte: con Abascal, invece, ha forse commesso un azzardo lo scorso anno (in ogni caso finito bene: ma non sappiamo se le cose sarebbero andate diversamente con un altro tecnico), senza poi avere la pazienza di aspettare il lavoro finito. D’altra parte, è possibile, invece, che avesse intuito che, per le caratteristiche del gruppo, quanto messo in piedi dal tecnico sivigliano non avrebbe portato da nessuna parte. In ogni caso, una scelta fatta per il bene complessivo della società: vedremo se, ancora una volta, i fatti gli daranno ragione.