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Serena chiude in anticipo. Nel 2019 vuol tornare regina

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È un arrivederci al 2019. La conclusione di un‘annata non di certo stellare, un ritorno dopo 12 mesi di maternità, in cui, per una volta, Serena Williams non ha potuto baldanzosamente fare tutto ciò che volesse. Ma l’assalto a Margaret Court è solo rimandato, The Queen userà gli ultimi mesi del 2018 per raccogliere energie fisiche ,mentali ed insieme, ovviamente, continuare a fare la mamma, prima di provare a prendersi in terra australiana questo benedetto 24esimo major. 18 vittorie e 6 sconfitte, 2 finali slam, sono numeri di tutto rispetto per ogni buon tennista. Non per lei che spesso si è presa tutto, a volte appesantita, altre svogliata: poche volte svogliata, poche volte perdente, perché quando c’era da vincere l’ha quasi sempre fatto. Perché per la neo-trentasettenne non valgono categorie agonistiche normali, anzi a volte sono  proprio il tempo, la fisica, la natura a doversi piegare al suo volere.

E quest’anno non è filato proprio tutto liscio, il bilancio è, infatti, uno zero tituli come non avveniva dal 2006. Serena era tornata nel circuito in condizioni al limite del decente, la  preparazione per il rientro è stata sostituita di fatto dai primi tornei giocati. E la risalita è stata un crescendo, in cui la statunitense ha spesso avuto qualcosa da lamentare: dalle difficoltà nel conciliare gli allenamenti con l’attività di mamma, all’uscita di scena polemica a New York contro Naomi Osaka. In mezzo ci sono varie sfide: dalla prima sconfitta ad Indian Wells contro Venus, al ritiro contro la rivale Sharapova al Roland Garros, senza sparare nemmeno un colpo ma sollevando polemiche per la sua tuta da pantera nera esibita negli appuntamenti parigini. Poi c’è la finale di Wimbledon, persa contro Angelique Kerber, dopo un tabellone non proprio irresistibile, per la decisione degli organizzatori di accreditarla come testa di serie #25. Nel suo cammino inglese aveva incontrato anche Camila Giorgi, battuta in 3 set, dopo un primo parziale in cui l’azzurra l’aveva spaventata non poco, facendole crollare forse le prime certezze. Dopo un prosieguo di estate senza acuti e con una brutta caduta contro la Konta allo Stanford Classic, infine il torneo di casa, lo Us Open.

Sulla strada verso la finale di New York Serena lascia solo un set. Si prende la rivincita su Venus, come se non l’avesse battuta abbastanza, supera Pliskova e Sevastova, arriva all’ultimo atto con i favori del pronostico. Contro l’Osaka resta sorpresa dal talento e l’applicazione tutta giapponese sin dalle prime battute. E quando può ancora giocarsi qualche carta di rimonta, per vincere lo slam numero 24 davanti al proprio pubblico, scatena un ciclone che travolge tutto il mondo del tennis, oltre che il giudice Ramos. Reo non solo di averla sanzionata per coaching e con il penalty game, ma di aver assunto un atteggiamento sessista punendola per i suggerimenti di Coach Mouratoglu. Suggerimenti che Serena giura di non aver nemmeno avvertito. All’inizio si pensa ad uno sfogo della solita “nevrotica” Serena, di un’atleta che semplicemente non sa perdere, poi l’episodio diventa occasione di dibattuto e il mondo tennistico si spacca. Si parla di maggiore tolleranza per gli uomini, molti ripensano ai frequenti consigli di Zio Toni a Nadal, al fresco, freschissimo caso Kyrgios che l’aiuto l’aveva ricevuto in quello stesso torneo proprio dall’espertissimo giudice Lahyani. Un atteggiamento quest’ultimo che aveva infastidito anche Roger Federer.

Un modo di chiudere l’anno non proprio silenzioso, diciamo così, quello di Serena. La polemica, ora, dovrà lasciare il posto al lavoro e alla concentrazione, perché aldilà delle iperboli di inizio articolo il tempo passa anche per una come lei. Ed il record della Court invece resta lì, immobile. The Queen sa che può ancora prenderselo, sperando che qualche “giovincella” non decida di metterle i bastoni tra le ruote proprio quando manca così poco. Sperando che quell’Osaka difesa “maternamente” dai fischi dell’Arthur Ashe, in una confusione che lei stessa, Serena, aveva creato, offuscando in qualche modo anche i meriti della nipponica, non voglia ripetersi pure a Melbourne. E l’anno della Williams si chiude proprio con lo stesso quesito che da anni domina il circuito, che riguarda il regno della più grande tennista del suo tempo.