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La Roma si rialza dalle ceneri del Frosinone. Ora rischia Longo

Era una delle partite più cariche di significato tra quelle di questo turno infrasettimanale della quinta giornata di Serie A, che si avvia alla conclusione proprio in queste ore con il posticipo serale tra Empoli e Milan. Non tanto per il fatto che si trattasse di un derby laziale, e nemmeno tanto per gli obiettivi ben diversi – ovviamente – fra le due squadre. La ragione di cotanta importanza traspariva dal percorso di avvicinamento delle due a questa gara, con una Roma in piena crisi di risultati e soprattutto di identità dopo la brutta figura di Madrid, l’altrettanto macabro passo falso ottenuto contro un ChievoVerona sì mai domo, ma anche ultimo in classifica e capace di fermare sul pari gli uomini di Di Francesco dopo essere stati sotto per due reti, e l’incomprensibile blackout di Bologna valso agli uomini di Pippo Inzaghi i primi 3 punti stagionali; dall’altro versante un Frosinone in difficoltà – per il salto di categoria – in maniera ancora più netta e vistosa rispetto all’esordio assoluto di due anni fa, con un solo punto in graduatoria e un desolante 0 all’interno della casella “gol fatti”.

In casa Roma la situazione della vigilia era escandescente. Squadra in ritiro punitivo e soprattutto la ferma intenzione di Di Francesco – ben palesata nelle parole del pre-gara, oltre che con i fatti – di ritrovare al suo fianco “uomini più che giocatori” per uscire da questa mini crisi che lo stava già portando a essere circondato da critiche, ma anche e soprattutto da ombre sul suo futuro in sella alla panchina capitolina. Un malcontento generale non solo sollevato dalla piazza, ma anche dalla società, con un Pallotta che nulla aveva fatto per nascondere il suo malcontento con un laconico “sono disgustato” arrivato proprio dopo la gara in terra emiliana. L’americano tanto per cambiare è stato oggetto di contestazione anche ieri dalla curva; lo stesso settore che ha indirizzato più di qualche fischio alla formazione proposta in campo da mister Di Francesco. Insomma, la situazione non era idilliaca, e la sensazione che qualche testa fosse pronta a saltare era ben presente nell’aria.

E invece proprio da questo sprofondo stagionale la Roma è stata capace di uscirne, almeno momentaneamente, alla grande (il 4-0 porta le firme di Ünder, Pastore, El Shaarawy e Kolarov). Perché se è pur vero che il Frosinone ben si è prestato a questa mini rinascita giallorossa, è altrettanto vero che il modo di volere e ottenere questa vittoria ha portato a sconfessare tutte le voci di uno spogliatoio ormai allo sbaraglio e contro il tecnico, di una squadra incapace di avere identità di gioco e/o di macinarne tanto e in maniera continua. Quattro schiaffi al Frosinone che coincidono con quattro sassolini tolti dalla scarpa da Eusebio, che forse più di tutti – è innegabile – sta pagando gli errori commessi in estate dalla società e dal Direttore Monchi che ha sì ringalluzzito e non poco le casse societarie, ma al contempo ha sostituito colonne portanti del calibro di Alisson, Nainggolan e Strootman con un mercato interessante più che altro in linea prospettica. Se già di per sé non fosse così difficile sostituire tali giocatori, pensate al doverlo farlo con la contemporanea partenza di tutti e in tempi anche molto brevi. In un calcio italiano, e in particolare romano, mal votato alle attese, Di Francesco sarebbe stato già scaricato prima di iniziare questo vero e proprio processo di cementificazione, che passa ovviamente – come step necessario – da tali difficoltà. Perché il primo soggetto che ha forse voluto fare un passo indietro rispetto al picco raggiunto l’anno scorso (semifinale di Champions League) sembra essere proprio la proprietà; e dare immediate e irrimediabili colpe unicamente al tecnico, che comunque ha reso possibile ciò, sembra alquanto eccessivo.

In casa Frosinone, l’ambiente ingarbugliato della vigilia si è trasformato in una vera e propria polveriera con impianto a orologeria, pronta a esplodere nel prossimo turno di campionato. Oltre al già menzionato salto di categoria – di per sé sempre portatore di difficoltà e nuove insidie – si registrano due problemi principali, cui mister Longo non è riuscito ancora a trovare soluzione (ne è testimone questo ulteriore 4-0 dopo il quantomeno “rassicurante” 0-2 contro la Juve dopo il terribile 0-5 contro la Sampdoria). Sicuramente, da un lato, un calendario che ha voluto tanto male ai canarini, che sulla loro strada hanno già trovato Juventus, Lazio, Roma, Sampdoria; e infatti l’unico punto raccolto fin’ora è stato ottenuto con una diretta concorrente, il Bologna. Forse la ragione per cui in casa frusinate non si è voluto optare per repentini cambiamenti è proprio questa, attendere avversari sulla carta alla pari e vedere l’esito di tali confronti prima che si arrivi a un punto di non ritorno; anche e soprattutto a confermare la linea societaria che già l’anno scorso aveva portato il presidente Stirpe a rinnovare contratto e fiducia al tecnico proprio nel momento di maggiore difficoltà dei ciociari nel campionato cadetto.

Ma se su questa problematica l’incidenza del tecnico ha avuto poco a che fare, lo stesso non si può dire per quello che risulta essere un vero e proprio incubo per i ciociari: il non riuscire a segnare. Un punto raccolto grazie a uno 0-0, poi solo sconfitte a reti bianche. Alla base, rosa alla mano, due problemi che fanno da cornice al primo: la lunga assenza della punta storica frusinate Daniel Ciofani; e le polveri bagnate del principale sostituto, quel Perica che, visto bene ai tempi dell’Udinese, non è riuscito ancora a farsi trovare pronto al momento giusto e a confermare quanto di buono fatto in terra friulana. La sensazione è che il mister giallazzurro ha in questo momento diversi grattacapi per la testa; una squadra che gli si dimostra debole sotto porta perché ha alla base enormi problemi di autostima e fiducia, che le goleade di inizio campionato non hanno fatto altro che ampliare. Un collettivo che quindi scende in campo prima con l’obiettivo di non prenderle più che di darle; ma in questo momento, e con gli avversari affrontati, tale atteggiamento psicologico e tattico non ha dato i suoi frutti. Ora Longo si gioca tanto, per tutti (e forse anche per una società che non gli ha dato in estate uomini veramente giusti); con il Genoa bisognerà giocarsela a viso aperto, puntando a vincerla. Perché un pareggio potrebbe forse allungare l’agonia; un’ulteriore sconfitta vorrebbe dire primo, indiscutibile fallimento progettuale. Rastelli e Zenga sono già alla finestra.