Mondiale di ciclismo di Innsbruck, -6. L’Italia di Davide Cassani non è tra le nazionali di punta, inutile nasconderselo. E nella serata di ieri, uno dei possibili alfieri azzurri, Fabio Aru, ha ufficializzato la sua rinuncia a disputare la prova iridata per il suo stato di forma non certo eccezionale.
Doveva essere un 2018 da protagonista, quello del sardo, accolto a braccia aperte dalla UAE Fly Emirates di Beppe Saronni. Si puntava con decisione al Giro d’Italia e invece la Corsa Rosa l’ha brutalmente respinto. Aru non ha mai trovato la gamba per stare con i migliori, fino alla decisione di ritirarsi nella tappa del Colle delle Finestre. La Vuelta a España è andata sulla falsariga di quanto accaduto a maggio. Aru non è mai stato competitivo e si è piazzato alla fine 23/o. Con la ciliegina sulla torta delle accuse non troppo velate alla sua bicicletta, “colpevole” di avergli procurato una rovinosa caduta in discesa.
Insomma, prestazioni tutt’altro che confortanti. Tant’è vero che alcuni addetti ai lavori – a cominciare da Francesco Moser – gli hanno chiesto di tirarsi furoi dalla contesa iridata. Cosa che Fabio – con grandissima correttezza, professionalità e onestà intelletuale, questo gli va riconosciuto – ha fatto. Però, se il sardo conoscesse quanto accaduto nel 1992, magari la sua decisione avrebbe potuto essere diversa.
In quell’anno, Gianni Bugno, laureatosi Campione del Mondo nel 1991 a Stoccarda, risultò stranamente poco competitivo. Vero, al Tour de France arrivò terzo ma non fu mai in grado di impensierire il vincitore Indurain e il secondo classificato, il suo eterno rivale Claudio Chiappucci. Il monzese si presentò al Mondiale di Benidorm in Spagna a fine agosto certo non tra i favoriti, potendo vantare in quella stagione solo in un successo in una tappa al Giro di Svizzera. E parecchi criticarono il ct Alfredo Martini per averlo comunque convocato.
Invece, in corsa, Bugno trovò una buona condizione. E si trovava tra i migliori nell’ultimo giro, ma non aveva intenzione di fare la volata. Appena lo vide ultimo nel gruppetto, a 1200 metri dal termine, il più esperto azzurro in gara, Giancarlo Perini, lo convinse con “dolci parole” a mettersi alla sua ruota. Perini riportò Bugno avanti e Gianni, con la sua immensa classe, beffò Jalabert e fu Campione del Mondo per il secondo anno consecutivo. Da allora Perini è per tutti gli appassionati di ciclismo semplicemente il Duca di Benidorm.
Raccontate questo episodio a Fabio Aru. Arrivare al Mondiale dopo una stagione negativa, beh, non sempre è cosa malvagia. Chissà, magari sulla strada il sardo avrebbe potuto trovare il suo Duca di Innsbruck.