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La crisi del Grasshopper: la panchina di Fink è a rischio

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Penultimo in campionato, eliminato ieri dalla Coppa svizzera dallo Stade Nyonnais, squadra di terza categoria (anche se in ottima forma: guida la classifica proprio campionato, ed è stato superato ieri dal Lausanne Ouchy, in virtù del fatto di non aver giocato per l’impegno di Coppa), il Grasshopper è ormai in crisi conclamata: la panchina di Fink è a rischio.

Non è la prima volta che accade, negli ultimi anni: nella stagione 2015/16, le Cavallette, allora guidate da Pierluigi Tami, caddero sempre ai 16/mi di finale, per mano del Köniz, squadra (anche in quell’occasione) di Promotion League. I bernesi arrivarono poi sino ai quarti, dove vennero eliminati, a Lugano, dall’undici guidato da Zeman, ma costringendo i ticinesi (che poi si qualificheranno per la finale) ad arrivare ai supplementari, dopo aver colpito anche una traversa nei 90′ minuti regolamentari. Tuttavia, quel GCZ, in campionato, riuscì a fare bene, guadagnandosi l’accesso ai preliminari di Europa League.

Il giorno dopo la pesante sconfitta di Coppa, il tecnico dei biancoblù, come riportato dal Blick, ha analizzato la partita: “Siamo stati troppo lenti e prevedibili, contro un avversario probabilmente più motivato, ma al quale non siamo riusciti a creare abbastanza problemi. Ora, cercheremo di lavorare tutti insieme, per uscire da questa situazione difficile: certo, ci sono delle situazioni sbagliate alle quali porre rimedio, ma ci vorrà anche fiducia per ripartire.”

La società, per bocca del direttore sportivo Mathias Walther, ha momentaneamente confermato la fiducia al tecnico. Questo quanto dichiarato dal dirigente zurighese, sempre al Blick: “Siamo sicuri al 100 % che Thorsten porterà la squadra sulla strada giusta. Ci aspettiamo ovviamente un risultato positivo già nel prossimo fine settimana.”

Le Cavallette sono ora attese da due impegni casalinghi consecutivi in campionato: sabato al Letzigrund arriva lo Xamax mentre, nel turno infrasettimanale, sulle rive della Limmat sarà di scena l’insidiosissimo Thun: insomma, due impegni per nulla facili. Tre giorni dopo, gli zurighesi andranno a San Gallo e, la settimana successiva, se la vedranno ancora, in casa, con il Lugano.

Tuttavia, non è che il fattore campo sia da considerarsi un aspetto importante. Da anni, ormai, la squadra di Zurigo gioca davanti a poche migliaia di spettatori, in uno stadio che potrebbe contenerne 30.000: l’effetto deserto è avvilente, e non è certo d’aiuto.

Cosa non va nel gioco del Grasshopper? L’intensità, sicuramente. Le Cavellette, davanti e dietro, non pressano, faticano molto a ripartire e a creare trame offensive efficaci. Dietro, accade sovente che gli avversari sfuggano ai terzini, e le palle perse a centrocampo, durante gli scambi, rischiano di essere sempre velenosissime. In avanti, i biancoblù segnano pochissimo (solo 7 centri in campionato: peggio hanno fatto solo i cugini dello Zurigo, andati in gol in 5 occasioni), ma il problema sono le reti subite: 13 finora (peggio ha fatto solo lo Xamax, con 17). I gol arrivano da palle ferme, da errori difensivi degli avversari: quasi mai i ragazzi di Fink riescono a creare situazioni nitide nella tre quarti offensiva.

Il GCZ gioca quasi sempre con un 4-1-4-1 che, all’atto pratico, non riesce a creare la necessaria copertura in difesa e un’occupazione dell’area avversaria tale da procurare un certo numero di occasioni da rete. L’unica vittoria ottenuta sinora è stata con il Sion, guarda caso schierando una formazione più offensiva, con un centrocampo a tre disposto a triangolo rovesciato, con Bejrami come sempre piazzato davanti alla difesa, ma con Sigurjónsson a sinistra e Jeffrén a destra a supporto delle tre punte. Al di là del possesso palla, le Cavallette riuscirono a tirare più spesso del solito, pur concedendo qualcosa anche alle squadre rivali (anche per una certa permeabilità difensiva, che non è mai venuta meno con lo schema abituale).

Herr Fink, però, non ha poi più insistito con questo schema di gioco, probabilmente per paura di scoprirsi troppo. Tuttavia, nonostante un centrocampo così folto, anche per la scarsa qualità dei suoi interpreti, la qualità del filtro lascia a desiderare, e l’unica punta (normalmente Djuricin) fatica moltissimo (un solo centro per lui in campionato). La chiave potrebbe quindi essere una disposizione in campo più spregiudicata. Tra l’altro, desta stupore lo scarso utilizzo del talento Tarashaj, ceduto due stagioni fa all’Everton e tornato in prestito quest’estate.

Insomma, una situazione estremamente difficile. Sul banco degli imputati c’è anche la società, che ha sempre ceduto i suoi pezzi migliori, ma (a differenza di ciò che fa, per esempio, il Basilea), non riesce a valorizzare e a scovare talenti in grado di fare la differenza. La società di Zurigo ha la seconda squadra che milita nelle serie inferiori, rapporti ottimi con lo Sciaffusa in Challenge League, rispetto allo scambio e utilizzo di giocatori: insomma, ci sarebbero i prodromi per creare un movimento virtuoso. Però, qualcosa evidentemente non va per il verso giusto.

In definitiva, la situazione di classifica è a rischio. La fortuna della squadra di Zurigo è il grande equilibrio, sinora, del torneo: il San Gallo secondo è davanti di sole 6 lunghezze, e in mezzo ci sono tutte le altre. Tuttavia, questo turno di Coppa svizzera ha dimostrato che, quest’anno, le squadre di Challenge League sembrano essere più competitive (non è detto se per una loro crescita o per un calo delle squadre di categoria superiore). Insomma, disputare lo spareggio, secondo quanto accadrebbe se le Cavallette si trovassero ancora nella medesima situazione di classifica odierna, non sarebbe una passeggiata: e, in riva alla Limmat, lo sanno bene.

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