Sono arrivate nella giornate di ieri le decisioni del Tribunale Federale Nazionale circa il caso relativo alle plusvalenze fittizie realizzate nei mesi scorsi tra il ChievoVerona e il Cesena: come affermato in una nota della FIGC, “le due società erano state deferite per aver sottoscritto le variazioni di tesseramento di alcuni calciatori indicando un corrispettivo superiore al reale e per aver contabilizzato nei bilanci plusvalenze fittizie e immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo dalle norme che regolano i bilanci delle società di capitali, condotte finalizzate a far apparire un patrimonio netto superiore a quello esistente alla fine di ciascun esercizio e ciascun semestre così da ottenere la Licenza Nazionale e l’iscrizione al campionato delle stagioni 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018 in assenza dei requisiti previsti dalla normativa federale”.
Ci si aspettava una punizione esemplare, come quella che chiedeva la Procura Federale, ma quel che si auspicava non è arrivato, in favore di una risoluzione della questione quasi approssimativa: il Chievo è stato sanzionato con tre punti di penalizzazione da scontare nella stagione in corso più un’ammenda di 200 mila euro, il Presidente Luca Campedelli è stato inibito per 3 mesi, 1 mese e 15 giorni di inibizione invece per i consiglieri della società Piero Campedelli, Giuseppe Campedelli, Michele Cordioli e Antonio Cordioli, mentre non si è proceduto con sanzioni nei confronti del Cesena per intervenuta revoca dell’affiliazione, sanzionando invece con 1 mese e 15 giorni di inibizione i consiglieri della società Guido Aldini e Samuele Mariotti.
Gli scaligeri ne escono nel complesso bene, paradossalmente quasi da vincitori: venivano richiesti ben 15 punti di penalizzazione, che avrebbero compromesso inevitabilmente la stagione attuale, mentre adesso poco o nulla cambia per loro, chiamati a fare comunque un campionato molto simile alle aspettative iniziali.
Un problema risolto all'”italiana”: si riconosce colpevole, ma si fa per dire, quasi come le autorità di giustizia siano state obbligate a farlo, il Chievo, affievolendogli la pena anziché renderla quanto più pesante possibile, in modo da indurre altri club a evitare, in futuro, che le regole vengano nuovamente calpestate.
Da questa vicenda chi ne esce inevitabilmente con le ossa rotte è il Cesena, scomparso dal calcio professionistico in seguito al recente fallimento: le plusvalenze iscritte a bilancio nelle ultime stagioni hanno contribuito solo a prolungare un’inutile agonia che ha semplicemente nascosto ma non risolto le difficoltà economiche e finanziarie della società romagnola.
Di certo il caso Parma di qualche anno fa non ha insegnato nulla e anche in futuro probabilmente qualcun’altro ci ricascherà: i ducali, sotto la gestione Ghirardi, usarono uno stratagemma simile per cercare di rendere virtuoso, solo apparentemente, il club dal punto di vista economico, ma non furono fermati in tempo per evitare di fallire e dovettero ripartire dalla Serie D (con la massima serie ritrovata solo nelle scorse settimane).