Dopo mesi di chiacchiere, sentenze, impugnazioni, cambiamenti di regolamenti, gradi di giudizio, pareri discordanti, pressioni da una parte e dall’altra, attese infinite, campionati che aspettano e altri che iniziano, chi urla il dissenso e chi tace per comodo, tribunali che valgono più e quelli che non sono adatti e dopo che di tutto questo ci sia rimasto solo un gran senso di stanchezza e nausea, è ora che la palla ricominci a rotolare su un campo di calcio.
Siamo già abituati a riempire d’inchiostro, reale o virtuale, i muri e le pagine dei vari dopo-partita, facendoli diventare ogni volta oggetto di dubbi su strane macchinazioni o complotti arbitrali e non. Figurarsi adesso che lo scenario non è ancora stato il campo, ma solo aule e saloni, corridoi e stanze buie, luoghi caldi di un’estate che il calcio italiano difficilmente dimenticherà. Ci manca il terreno di gioco, analizzare le partite, gioire o imprecare per un gol realizzato o preso. Ci manca l’attesa della partita e parlarne dopo al bar con gli amici.
Un’esortazione che va al di là di un semplice incitamento, è una preghiera. Basta avvocati, basta giochi di potere, basta ricorsi, basta scenari poco chiari, basta con l’impugnare sentenze emesse. Ora c’è bisogno di quiete, di pensare alla prossima partita, di sperare che vada come desideriamo e capire se riusciremo a vederla, allo stadio o in tv. Ricominciamo con i compromessi con le mogli, stabilire l’ora di pranzo e cena quando c’è la partita, capire quando e se invitare i parenti la domenica, ritorniamo alle nostre abitudini calciofile, le nostre piccole o grandi scaramanzie tanto mal giudicate da chi non ha questa passione. Abbiamo bisogno di veder la palla rotolare e di scalare le montagne russe dell’apprensione per quei fatidici 90 minuti a settimana.
La B resta a 19 squadre e questo noi non lo accetteremo di buon grado, perché soprattutto non ne capiamo le motivazioni giuridiche e organizzative. La Serie C adesso ha un suo calendario, si comincia. C’è bisogno di tornare tifosi, allo stadio o davanti alla Tv. Non che questo faccia dimenticare ciò che è accaduto negli ultimi mesi, ma non ne possiamo più. Perchè la passione è per il gioco e le sue sfaccettature, non per i giochi di potere e le aule di tribunale. Non siamo appassionati di serie televisive poliziesche, siamo il popolo del calcio, il gioco del calcio, lo dice la parola.