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MotoGP, Rossi e la nemesi “biaggiana”…

Il recente fine settimana ha visto la MotoGP misurarsi sul circuito di Misano Adriatico intitolato al compianto Marco Simoncelli per il Gran Premio di San Marino e della Riviera di Rimini per la 13/a tappa (12/a effettiva dopo l’annullamento del Gp di Gran Bretagna) del Mondiale 2018. Una corsa che ha visto il dominio di Andrea Dovizioso e della sua Ducati, con la Casa di Borgo Panigale che avrebbe potuto fare tranquillamente doppietta se non fosse stata per l’inopinata caduta di Jorge Lorenzo a due giri dalla fine, e con un Marc Márquez che col secondo posto ha rafforzato il suo primato nel Mondiale.

E Valentino Rossi con la sua Yamaha? Settimo al traguardo, in una gara che di gran lunga è risultata essere la peggiore del suo Mondiale finora. Il Dottore non è mai stato competitivo, guidando per gran parte della corsa – come da lui stesso dichiarato –  la sua Yamaha sulle uova. Ed è oramai da un paio di gare a questa parte che la M1 è di gran lunga la terza moto del lotto, con Honda e Ducati che attualmente sono non solo superiori ma addirittura difficili da raggiungere in poco tempo a livelli di competitività.

La Casa del Diapason sembra essere tornata indietro di 16 anni. Era il 2002 e il pilota di punta Yamaha era Max Biaggi, l’eterno rivale di Valentino Rossi. Il Corsaro ce la metteva tutta in ogni Gp, ma la Honda di Rossi era un osso troppo duro da rodere. Alla fine, Biaggi portò a casa 2 successi (a Brno e a Sepang) contro gli 11 del suo rivale che vinse agevolmente il Mondiale.

Ora, 16 anni dopo, Rossi pare stia vivendo una sorte di nemesi indiretta. Il numero 46 più noto della storia dello sport ora può davvero capire le sensazioni e le frustazioni che provava Biaggi 16 anni or sono nel guidare un mezzo nettamente inferiore. Al marchigiano tocca quindi realizzare un altro miracolo sportivo, come quello che compì nell’inverno 2003 tramutando la Yamaha da brutto anatroccolo in un meraviglioso e, soprattutto, vincente cigno nel Mondiale 2004. La speranza di tutti è che Valentino, in questo caso, non sia come Paganini.