I mali del centrocampo azzurro
Le prime due partite della Nations League sono ormai alle spalle. E ci lasciano, come temevamo alla vigilia, un’Italia ancora in piena fase di ricostruzione, un cantiere aperto che difficilmente vedremo chiudersi a breve. Ci vorrà del tempo per rivedere la Nazionale battagliare con le migliori del mondo. Forse non sarà questo il ciclo che ci riporterà in alto, visto che il gap sembra al momento incolmabile. A Roberto Mancini non è mancato il coraggio, se vogliamo ha fatto scelte impopolari, cercando di testare quasi tutta la rosa a sua disposizione. Contro il Portogallo ha cambiato modulo e ha fatto esordire Lazzari, giocatore della SPAL; ha rivoluzionato la difesa, lasciando in panchina Chiellini e Bonucci; ha proposto una formazione iniziale con un’età media giovanissima, poco più di 25 anni. Non è questo il tempo dei processi al tecnico perché la macchina, prima di poter andare forte, ha bisogno di essere messa a punto. Occorre però fare una disamina critica su ciò che ha funzionato meno nei due match disputati. Sul banco degli imputati è finito ovviamente il centrocampo, il settore in cui forse abbiamo sofferto di più.
POCA PROTEZIONE PER JORGINHO – Da un errato disimpegno di Jorginho è arrivato il gol di Zieliński nella partita di esordio contro la Polonia, ma anche con il Portogallo il regista oriundo è andato a fasi alterne. Ha avuto qualche sprazzo, ma complessivamente si è fatto ingarbugliare dal pressing ospite, che non gli permetteva di ragionare. Non è stato veloce e lucido, ma più che altro è sembrato poco protetto dai suoi compagni di reparto. Un giocatore come lui, che nel Napoli prima e nel Chelsea adesso detta il passaggio, deve avere qualcuno a fianco che gli consenta andare a prendersi il pallone senza avere sempre l’avversario addosso.
MANCA UN LEADER A CENTROCAMPO – La mancata convocazione di De Rossi – che naturalmente con le sue 35 primavere non può essere certo considerato un pilastro per il futuro – ha creato un solco profondo con il passato. In mediana l’Italia ha quasi sempre avuto almeno un calciatore carismatico, capace di far notare la sua presenza soprattutto quando la squadra era in difficoltà. Gente come Gattuso, Pirlo e lo stesso centrocampista della Roma sono stati importanti non solo dal punto di vista tattico, ma anche perché sapevano mettere in campo un temperamento fuori dal comune. L’impressione è che, ora come ora, non ci sia nessuno con queste doti di trascinatore.
IL PRESSING E LE ACCELERAZIONI PORTOGHESI – Il Portogallo ha vinto la partita sfruttando una delle armi a noi un tempo più congeniali, il pressing. Il portatore di palla azzurro (il più delle volte lo stesso Jorginho) era constantemente francobollato, raddoppiato, indotto all’errore. Sfruttando la poca velocità di pensiero dei giocatori azzurri, i lusitani riuscivano ad assalirci e a renderci innocui. Senza contare che tutte le volte che riuscivamo a imbastire un’azione promettente, ci concedevamo al contropiede e soffrivamo tremendamente le loro accelerazioni.