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Il ritorno alle radici, il Milan, un sogno proibito: “ma hai sentito che Berlusconi compra il Monza?”

Dopo anni di viaggi, esperienze, lavori, vicende alterne della quotidianità che lasciano il segno sulla pelle, si arriva a un certo punto della vita in cui molti di noi sentono improvvisamente un bisogno nuovo, un cambiamento necessario per riscoprirsi nelle ultime stagioni della propria esistenza: tornare alle proprie radici, lì dove tutto è cominciato, per ritrovare un sentimento sbiadito, ma mai scomparso, nel tempo e cominciare nuovamente a vivere i luoghi che hanno segnato i giorni felici del nostro percorso. È da sempre uno dei temi più ricorrenti e affascinanti nella storia dell’umanità, così tante volte oggetto di opere letterarie di ogni epoca: dal ritorno ricco di peripezie a Itaca di Odisseo fino alla sofferenza di Foscolo, sul versante opposto, per l’impossibilità di toccare nuovamente “le sacre sponde” della Zacinto che gli diede i natali, e da cui nemmeno il mondo del calcio sembra essere ora esonerato.

La notizia dell’improvviso interessamento da parte di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani per l’acquisto del Monza ha fatto il giro d’Italia in poche ore: il primo per diventare azionista di maggioranza, mentre l’attuale senatore di Forza Italia dovrebbe assumere un ruolo manageriale. Il ritorno in campo dalle sfumature romantiche per il duo che ha segnato un’epoca nella storia del Milan non poteva restare in sordina, a maggior ragione dopo quasi due anni di silenzi intervallati solo da malinconiche interviste dell’ex patron rossonero sulle vicende della squadra di Gattuso: una voce riportata dalle maggiori testate nazionali e poi confermata dai diretti interessati, fino all’attuale presidente dei biancorossi Nicola Colombo.

E mentre ogni giorno che passa emergono sempre più dettagli sulla trattativa in corso, tra promesse di investimenti e progetti in cantiere, la piazza brianzola, superato l’iniziale scetticismo sull’indiscrezione, ha cominciato finalmente a sognare in grande dopo anni di umilianti fallimenti e delusioni. In città è diventato uno dei temi più discussi nelle conversazioni al mercato o al bar e non è raro sentir pronunciare un po’ ovunque la stessa domanda, con un misto di sorpresa e trepidante attesa: “ma hai sentito che Berlusconi si vuole prendere il Monza?”.

Per Berlusconi e Galliani, in effetti, è un vero e proprio ritorno alle proprie radici, quelle del territorio a cui sono stati sempre legati: il primo possiede la nota villa di Arcore a pochi chilometri dallo stadio Brianteo, il secondo è nato proprio a Monza, prima di diventare direttore sportivo e vice presidente della squadra di calcio tra il 1984 e il 1986. Tutta un’altra epoca, precedente al trentennio di gloria al Milan, ma in cui il rapporto tra i due era già piuttosto profondo da diversi anni. E ora, dopo un periodo così lungo e vincente nel mondo del calcio, interrotto improvvisamente con la cessione dei rossoneri ai cinesi, entrambi si sono accorti di soffrire l’assenza di questo sport nelle proprie vite.

Impensabile riprendere con un’altra società di blasone, sia sul piano economico che sentimentale. E così è nata l’idea di una sfida tutta nuova: investire su un club di Serie C come il Monza per rilanciarlo e sognare quei passaggi di categoria che per anni sono stati considerati utopia, oltre a riqualificare lo stadio (la cui gestione è stata appena affidata dal Municipio alla società biancorossa per i prossimi 44 anni, ndr) e la zona circostante per creare servizi e attività commerciali sul modello di altri impianti europei. Per questo motivo, oltre al sentimento, c’è anche un lato pratico ed economico importante, con progetti seri sul tavolo: un aspetto che non poteva mancare per superare le diffidenze tipiche del carattere molto diretto dei brianzoli. Monza e la Brianza restano pur sempre le terre dalla storia delle famiglie di imprenditori che si sono “fatti” sul campo, costruendo le proprie fortune partendo dalle idee e dalla propria, instancabile idea di lavoro: storie che, seppur a livello locale, sembrano richiamare in qualche modo la carriera dello stesso Berlusconi.

A ciò si deve aggiungere anche il filo rosso che ha sempre collegato Monza con il Milan. Sia per vicende negative, come il periodo buio con Seedorf (ai tempi ancora giocatore dei rossoneri) nella dirigenza, sia soprattutto per i legami stretti in maniera più o meno intensa negli ultimi decenni dalle rispettive dirigenze. Basterebbe fare un salto negli anni ’90 per constatare gli ottimi rapporti tra Galliani e l’allora presidente biancorosso Giambelli, decisivi per portare al Brianteo diversi giovani rossoneri e trasformare così il Monza in una sorta di squadra satellite. Senza dimenticare che oggi il proprietario dei brianzoli è Nicola Colombo, figlio di quel Felice Colombo già presidente del Milan alla fine degli anni ’70, prima che lo scandalo del Totonero lo portasse a ricevere una squalifica a vita dal mondo dello sport.

Colombo è stato il primo ad aprire con favore alla cessione di una quota della società a Berlusconi: un’offerta irrinunciabile, anche a livello di pubblicità e di richiamo per sponsor di grande livello, quasi impensabile in un campionato dominato dalla confusione come la Serie C, ma necessaria per puntare al ritorno in Serie B dopo quasi 20 anni. Sarà questo l’obiettivo almeno inizialmente, ma la verità è che un passaggio di proprietà di questa importanza apre le porte a un sogno proibito per la città brianzola: il primo, storico arrivo in Serie A. Un traguardo sfiorato in un paio di occasioni in passato, rimasto il grande obiettivo mancato nella storia dei biancorossi e che solo oggi qualcuno timidamente prova a rievocare.

Monza resta la città del Gran Premio di Formula 1, oltre a poter vantare nelle massime serie nazionali due squadre di pallavolo (Vero Volley Monza per il maschile, Saugella Monza per il femminile) e una di Hockey su pista (Hockey Roller Club Monza), con un passato di gloria nella pallanuoto e nella crescita di atleti di livello nazionale e olimpionico (Ernesto Ambrosini, Franco Tognini, Luigi Kullman, Ettore Perego, Walter Bonatti e Armando Sardi). Ma manca ancora un tassello fondamentale, la cui mancanza è sempre stata sofferta dal popolo brianzolo: quello del calcio. E questo, Berlusconi e Galliani, così attaccati al territorio della Brianza e desiderosi di tornare a vivere un calcio più vicino alla tradizione e lontano dai riflettori, ora hanno fatto capire di saperlo bene.