Avellino, l’alba di una nuova era. La Serie D per ripartire, le questioni logo e stadio da sciogliere
L’alba di una nuova era non può privarsi di un piccola e naturale dose di incertezza. Per quanto il percorso sembri luminoso, le basi e le intenzioni solide. La prima pagina del futuro biancoverde ha comunque le sue prime parole. È un progetto ambizioso, una manifestazione di interesse che ha convinto il sindaco, superando una concorrenza certamente di spessore. L’iscrizione al prossimo campionato di Serie D è assicurata, la macchina si è messa in moto e le cose da fare sono tante. La certezza ad oggi si chiama Sidigas. Il resto è tutto da costruire e definire, ma De Cesare e la sua squadra sono già a lavoro.
L’impressione è quella che nessuno voglia rompere la continuità con una storia pluricentenaria. Si riparte con tutta la delusione di un’epilogo beffardo, vero, ma con nuove idee. La grande anima biancoverde, quella vuole essere rispettata insieme alla tradizione, nonostante l’impossibilità di disputare un torneo di Serie B, un diritto che era stato acquisito quantomeno sul campo. Queste sembrano le premesse, la nuova proposta è quella di creare una polisportiva. Più strutture e discipline con un’unica regia, un’unica passione. Con il traino di un modello vincente, la Scandone, una delle realtà più solide del basket italiano.
È successo tutto in fretta, ora si dovrà allestire in pochissimo tempo una squadra competitiva, soprattutto trovare le figure sportive con la giusta esperienza nel calcio. C’è una minima speranza per la C, ma la nuova società potrebbe addirittura preferire la D, evitando il rischio di un buco nell’acqua: partire da zero, senza frenesie, e impostare gradualmente la risalita, non avventurandosi quindi in un campionato più prestigioso in mancanza della dovuta cautela e soprattutto del tempo giusto di organizzazione. Non sembra un’idea così insensata quella di salire un gradino alla volta conquistandosi piano piano il posto che una squadra come l’Avellino ha dimostrato di meritare, almeno per il calore della piazza, e per l’alto rapporto tra coinvolgimento del tifo e numero di abitanti.
Poi c’è il capitolo logo. Mario dell’Anno, presidente dell’Associazione Per la Storia, ha tutte le intenzioni di consegnare a De Cesare stemma e denominazione (acquistati dopo il fallimento del 2009), alle stesse condizioni di Taccone: comodato d’uso a titolo gratuito. Lo storico tifoso è chiaro.’’C’era un contratto fino al 2020 con la vecchia società, ma una clausola inserita, riguardante la mancata iscrizione, ha permesso lo scioglimento di ogni vincolo. Ho sempre detto che avremmo dato logo e nome ad una proprietà seria, che possa fare il bene della città e della squadra. Il gruppo Sidigas mi ha fatto una bella impressione, abbiamo già avviato i contatti. Con il mio avvocato, inoltre, sto verificando se ci sia la possibilità di impedire a Taccone di usare i colori biancoverdi’’. Perché il vecchio presidente ha tutto il diritto di ripartire dalle serie minori con una differente denominazione.
Infine lo stadio. De Cesare, che sembra aperto anche a nuovi interlocutori, avrebbe tutta l’intenzione di riportare i lupi nella propria casa storica, il Partenio. Intanto ha dovuto fornire alla FIGC, oltre a fideiussioni e documentazione varia, il nome una struttura di riferimento: è stato così scelto il Fina di Montemiletto. Si spera che sia solo un’indicazione temporanea, prima di ricominciare da capo con tutti i presupposti che una piazza come Avellino merita. Dopo un’estate da incubo, con l’eco di una sentenza beffarda che risuonerà ancora per molto in Irpinia e non solo. Sarà compito solo della nuova proprietà restituire la serenità al popolo biancoverde.