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Calcio femminile, le società di Serie A e B decidono per lo sciopero

Al termine di una riunione svoltasi a Milano, tutte le società iscritte ai campionati di Serie A e B femminile, insieme alle calciatrici e agli allenatori e allenatrici, hanno deciso di scioperare per protesta contro il braccio di ferro tra FIGC e LND per la gestione del calcio in rosa in Italia.

Come abbiamo già scritto in un altro articolo, la Corte Federale d’Appello il 26 luglio ha accolto il ricorso della Lega Nazionale Dilettanti e annullato la delibera del Commissario Straordinario della Figc Roberto Fabbricini del 3 maggio scorso con cui la Serie A Femminile e la Serie B Femminile, per la stagione 2018/2019, sarebbero passate dal Dipartimento Calcio Femminile della Lega Nazionale Dilettanti alla gestione diretta da parte della FIGC, lasciando alla Divisione Calcio Femminile della LND la sola organizzazione del Campionato Interregionale di calcio femminile. La FIGC ha preso atto della decisione della Corte Federale d’Appello e ha deciso di impugnare il provvedimento davanti al Collegio di Garanzia dello Sport.

Le calciatrici e le società di Serie A e di Serie B Femminile, dopo aver rilasciato un comunicato congiunto in cui stigmatizzavano il comportamento della Lega Nazionale Dilettanti, hanno preso la decisione congiunta e unanime di non prendere parte a nessuna delle attività ufficiali organizzate dalla LND, a partire dalla prima giornata del prossimo campionato che inizierà (o sarebbe meglio dire avrebbe dovuto iniziare) il 15 settembre. Le ragioni delle calciatrici e delle società sono state affidate a Marta Carissimi, centrocampista del Milan e rappresentante delle calciatrici per l’AIC: “Per la prima volta siamo tutti dalla stessa parte, la volontà comune di calciatrici e società è passare sotto l’egida della Figc, solo così potremo proseguire nel cammino di crescita che abbiamo iniziato e recuperare il gap rispetto alle altre nazionali. La Figc ha strutture e organizzazione tali da permetterci un salto di qualità: vogliamo avvicinare il nostro sport a una forma lavorativa in tutto e per tutto, con relative tutele previste per contratto. In questa lotta politica, le calciatrici vengono per ultime. Rimettiamo il calcio al centro. Serve buon senso soprattutto nell’anno in cui l’Italia si è qualificata ai Mondiali”.

Le fa eco Luisa Rizzitelli, presidente di Assist, Associazione nazionale Atlete: “L’esigenza di una migliore governance dura da anni e non c’entra solo il professionismo: se le calciatrici si ritrovano a giocare una finale di Coppa Italia su un campo con l’erba alta (cosa avvenuta due stagioni fa), è chiaro che il problema non è se sei professionista o no quanto che non esiste un’attenzione per la comunicazione e l’immagine del calcio femminile, né una strategia organizzativa capace di fare da traino per l’intero movimento. E in questo la Federcalcio può fornire migliori garanzie. Se la richiesta è unanime, perché non accoglierla?”

Il blocco delle attività ha avuto anche l’effetto di congelare l’acquisizione dei diritti TV sul campionato di Serie A Femminile che per la prima volta erano stati oggetto di un bando ufficiale: le calciatrici ora sono in attesa del terzo grado di giudizio sportivo per sapere chi avrà ragione tra FIGC e LND e considerano il ripassare di nuovo sotto l’egida della LND “un brusco arresto dello sviluppo dell’intero sistema” e per questo hanno deciso di scioperare, vedendo allontanarsi il sogno di diventare professioniste, sogno che sotto la governance della FIGC avrebbe potuto avverarsi grazie anche al potere negoziale delle squadre maschili, sempre più coinvolte nel calcio femminile. Ora si rischia di vedere avverarsi l’ossimoro di un Milan maschile professionista e sotto la FIGC e un Milan Femminile dilettantistico e sotto la LND. Speriamo che, alla fine, a rimetterci non siano le atlete.