Con il verdetto del TAS che ha assicurato la presenza del Milan in Europa League, l’Atalanta si può ora preparare mentalmente alla propria prima gara europea contro un’avversaria già definita: il FK Sarajevo. Con la vittoria per 3-0 contro gli armeni del Banants, la squadra bosniaca ha conquistato agevolmente l’accesso al turno successivo di coppa, da disputarsi tra il 26 luglio e il 2 agosto, presentandosi così come la prima avversaria ufficiale di un’italiana in una competizione europea della nuova stagione.
Considerata una delle potenze attuali del calcio Bosniaco, il FK Sarajevo venne fondato nel 1946, per poi essere iscritto ufficialmente nella massima serie jugoslava a partire dalla stagione 1948/49. Nei decenni successivi, i Bordo-Bijeli si affermarono nel mondo calcistico dei Balcani come la squadra bosniaca di maggior successo, tanto da riuscire a vincere per due volte la Yugoslav First League, fino a diventare la sesta potenza della storia di quel campionato, alle spalle soltanto di nomi di grande prestigio come lo Stella Rossa, il Partizan Belgrado o le croate Dinamo Zagabria e Hajduk Spalato.
La storia del FK Sarajevo, però, si intreccia inevitabilmente con quella assai più drammatica della proprio paese e della capitale bosniaca, travolti improvvisamente dallo scoppio delle guerre Jugoslave prima e della guerra di Bosnia poi agli inizi degli anni ’90. Una serie di eventi che causeranno morti, gravi violazioni dei diritti umani, sfollati da quasi ogni parte del territorio balcanico, senza lasciare indifferente il mondo occidentale, duramente colpito dal punto di vista psicologico di fronte alle notizie e alle immagini delle tremende conseguenze di una delle guerre più sanguinose e violente di sempre. E anche il mondo del calcio, inevitabilmente, fu trascinato a fondo da questa tragedia.
E così, mentre Sarajevo veniva devastata dai continui bombardamenti fino a diventare drammaticamente celebre come la città più a lungo assediata della storia di fine XX secolo (dall’aprile 1992 a febbraio 1996), i Bordo-Bijeli si ritrovarono costretti a lasciare la Bosnia, dando il via a un lungo tour mondiale che li porterà a visitare numerosi luoghi intorno al mondo: dalla Turchia all’Arabia Saudita, passando per Oman, Iran, Brunei, Malesia e Qatar, fino ad arrivare in Italia, dove affrontarono in amichevole il Parma per poi essere ricevuti da Papa Giovanni Paolo II che, nella loro lingua, mostrò tutta la propria vicinanza alla squadra e alle sofferenze che stavano mettendo in ginocchio il popolo bosniaco. Il FK Sarajevo divenne involontariamente uno dei più importanti ambasciatori della causa bosniaca, cercando attraverso il calcio il sostegno internazionale degli altri Paesi alla causa dei propri concittadini.
Il tour si concluse nel marzo 1994, ma in Bosnia la squadra tornò con una rosa ridotta al minimo: in tanti avevano deciso di rimanere all’estero per tornare a giocare e rifarsi una nuova vita, lontana dalle drammatiche vicende della guerra. I pochi rimasti, continuarono a lavorare nonostante l’assedio e i continui bombardamenti. Ma, come spesso accade nella storia, il calcio può trasformarsi in un momento di tregua, di pace anche nei momenti più sanguinosi di un conflitto. E così, davanti a 40 mila persone, il 20 marzo 1994, il FK Sarajevo (rinforzato con quattro giocatori dei rivali del Željezničar) tornò a giocare a quasi tre anni di distanza nel suo stadio, l’Asim Ferhatović Hase, riuscendo a vincere per 4-0 con un avversario piuttosto particolare: una squadra composta da rappresentanti appartenenti a UNPROFOR, la forza armata delle Nazioni Unite che era intervenuta nella guerra per assicurare condizioni di pace e a proteggere alcune zone di sicurezza come la città di Sarajevo. Era il ritorno in campo dei Bordo-Bijeli, che fino a quella gara si erano potuti allenare soltanto nelle palestre di alcune scuole elementari. E chi visse quel momento lo ricorda oggi quasi con commozione: il brivido di tornare su un campo vero, davanti a un’affluenza di pubblico con pochi precedenti non può che restare impresso nella memoria.
Da quell’evento, evidentemente diretto a inviare un messaggio di pace e unione a un popolo devastato dal dramma della guerra, si aprì una nuova storia per il calcio bosniaco, il cui campionato prese il via ancora con il conflitto ufficialmente non concluso: la stagione 1995/1996, in cui il FK Sarajevo dovette cedere il primo titolo bosniaco della storia al Čelik, fu il punto di partenza del nuovo campionato nazionale, fuori dalla Jugoslavia. Ma per i Bordo-Bijeli iniziò anche una storia destinata a rivelarsi vincente nei decenni successivi, tornando a essere una delle potenze della propria Nazione: la squadra della Capitale vincerà 3 campionati bosniaci, 5 Coppe di Bosnia e 1 Supercoppa. Fino a sfiorare, nel 2007, la qualificazione ai gironi di Champions League, cedendo solo di fronte alla superiore Dinamo Kiev.
Nel 2013, arrivò anche il momento del passaggio di proprietà, con la società che finì nelle mani di Vincent Tan, il ricco imprenditore malese già proprietario del Cardiff City. Attento agli investimenti nella squadra, ma anche a creare un legame con il territorio, così fortemente sentito anche dalla popolazione bosniaca, il malese raggiunse il suo maggior successo fornendo assistenza a un evento che ben poco c’entrava con la sua squadra: la donazione di circa 170 mila euro tra investimenti personali e campagne di raccolta fondi pubblicizzate da giornali come il Sun, per fornire assistenza ai territori e agli ospedali delle città di Doboj e Maglaj, tagliate fuori dal resto del Paese e pesantemente colpite, anche sul numero di vittime, dalla più grave alluvione in 120 anni di storia che colpì la Bosnia nel maggio 2014, causando numerose vittime e sfollati.
Si arriva così ai giorni nostri, con il FK Sarajevo ora in Europa League dopo il quarto e il terzo posto rispettivamente tra prima fase e Poule titolo della scorsa stagione. Nessun problema per i Bordo-Bijeli nel doppio turno contro il Banants, superato 2-1 all’andata e 3-0 al ritorno, mostrandosi nettamente superiori agli avversari soprattutto nella gara di ritorno. Per l’Atalanta arriva un’avversaria tutt’altro che insuperabile, sulla carta piuttosto agevole nonostante una preparazione arretrata rispetto ai bosniaci che inizieranno il proprio campionato domani. Ma che sentono di aver già avuto una grande vittoria conquistando una sfida così prestigiosa dopo una storia simile alle spalle.