Tour de France 2018 – Organizzazione (molto) rivedibile, ancora una volta
La dodicesima tappa del Tour de France 2018 verrà ricordata come quella della clamorosa caduta di Vincenzo Nibali (Bahrein-Merida), letteralmente buttato a terra nel corso della scalata finale della temutissima e ambitissima Alpe d’Huez: a quattro chilometri dall’arrivo il messinese ha provato a reagire a un tentativo di allungo del capitano del Team Sky Chris Froome, ma, tempo di pochi secondi, ce lo siamo ritrovati a terra piuttosto sofferente in mezzo a una cortina di fumo dovuta ai diversi fumogeni accessi da alcuni imprudenti tifosi.
Immagini drammatiche, si è subito pensato al peggio nel rivedere lo Squalo a bordo strada che quasi faticava a rialzarsi: sembrava un incubo, molto simile a quello vissuto in un tardo pomeriggio dell’agosto del 2016 quando, mentre era all’attacco nella gara olimpica, la regia internazionale lo inquadrò improvvisamente sul manto stradale, incapace di rimettersi in sella e proseguire.
Quest’oggi è però andata diversamente: Nibali è stato sobbalzato dalla sua bicicletta a causa di un’imprudente moto della Gendarmerie francese, che, anziché cercare di aprire la strada ai corridori e portarsi avanti di almeno una trentina di metri, ha pensato bene invece di star praticamente incollata a loro, creando un evidente disagio nel non portare a compimento il suo compito iniziale, non tenendo lontani quelle centinaia di tifosi e appassionati che hanno invaso e ridotto la sede stradale riservata al passaggio degli atleti in gara. Il forte restringimento e un oggetto non tenuto ben fermo, da parte di un tifoso a bordo strada, hanno causato la caduta improvvisa di Nibali.
La corsa è proseguita normalmente (si fa per dire): Froome ha cercato, con la complicità del compagno di squadra e Maglia Gialla Geraint Thomas, di aspettare il siciliano, Romain Bardet (AG2R La Mondiale) e Tom Dumoulin (Sunweb), invece, non sono stati dello stesso avviso scattando in faccia al britannico e impedendo la riuscita di un gesto di fair play che avrebbe riscattato parzialmente il triste episodio precedente.
Nonostante ciò, il nostro caro Vincenzo è riuscito a limitare i danni tagliando con soli 13” di ritardo il traguardo dell’Alpe d’Huez (già fatale per il podio nel 2015): la giuria a questo punto come intende muoversi? C’è un precedente: nel 2015 sul Mont Ventoux fu proprio Froome a incidentarsi con una moto dei giudici di gara e alla fine il tempo dei migliori fu neutralizzato.
Resta tanto rammarico, non solo per le condizioni attuali del nostro portacolori (che potrebbe dire addio al sogno “giallo” a causa di una sospetta frattura vertebrale), soprattutto per quello che avrebbe potuto fare sull’ascesa finale, considerando che le gambe sembravano reggere il ritmo imposto dal Team Sky e che allo scatto di Froome era riuscito a reagire… insomma, sarebbe potuta essere tutta un’altra tappa.
L’organizzazione, invece, è tutta da rivedere, poiché decisamente inadeguata a un evento di portata mondiale come il Tour de France: i corridori devono avere molto più dello spazio concessoli finora, le moto della giuria devono essere distanti diversi metri cercando di aprir loro la strada soprattutto evitando che i tifosi invadano la sede stradale e abbiano comportamenti da “fenomeni”, come l’accendere dei fumogeni o correre al fianco del ciclista di turno disturbandolo con atteggiamenti poco consoni.
Sperando che quanto avvenuto oggi serva da lezione, l’auspicio è che sul Massiccio Centrale e sui Pirenei questi episodi non si ripetano: si parla tanto male (forse eccessivamente) del Giro d’Italia nel confrontare le due manifestazioni, ma lezioni di stile a questo Tour de France la Corsa Rosa ne può dare parecchie.